Un paradosso del nostro tempo è la revoca dell’orizzonte tempo, il differirlo in un eterno rinvio, altro che eterno ritorno. La sua trama si infrange per essere riallestita in modo opaco e caotico in una mappa dove chiari sono solo i segni del rapporto doloroso tra la nostra umanità negletta e la storia. Il tempo è dilazionato, concesso a ore, sfibrato e lacerato nelle sue strutture interne e nel suo fluire storico ed esistenziale. Dalla struttura negata si succede la concessione dei giorni, come il resto di un conto che lascia soltanto le briciole. A questa frustrante dimensione sembrano sfuggire soltanto gli artisti o coloro che hanno potenti capacità di sogno declinate in una solitudine liberatrice.
Ill.: Javier Sáez Castán.
1 commento:
Tu mi dirai, senza scomodare Freud, la Bachmann e Bachelard, che in vacanza si sta meglio. Eccihairaggione.
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