28 gennaio 2021

Anne Frank House, 2018

Con la video installazione "Anne Frank House", datata 2018, che ho potuto vedere con mia figlia durante una visita al museo Hamburger Bahnof di Berlino nel novembre del 2019, l'artista Simon Fujiwara propone Anna Frank come una figura iperreale, basata sulla mescolanza della sua immagine così come viene comunemente proposta. L'artista ricrea un'iconografia congelata nel tempo della scrittura del famoso diario, investigandola invadentemente con il braccio della telecamera, a sua volta ritratto. 
Fujiwara è stato ispirato dal modo in cui i visitatori del Madame Tussaud – il museo delle cere di Berlino – interagiscono con la figura di Anna Frank, e la sua è un'opera che provoca inquietudine, e anche a distanza di tempo, rivedendone le foto, ci interroga. 
Vi leggo una critica alla "memoria" come contemplazione spettacolarizzata del passato, e meno, invece, come esercizio costante, utile perché le atrocità che furono non si ripetano e perché il presente di oppressione dei diseredati di oggi non sfugga alla nostra coscienza. Ormai è assodato, infatti, che l'assenza di memoria coduce all'indifferenza e all'apatia, impedendo di cogliere il dolore dell'altro da sé. Dobbiamo ricordare per sapere che sta succedendo ancora.

27 gennaio 2021

Nelle maglie della storia

Berlino si è trovata a lungo impigliata nelle maglie della storia: culla di una rivoluzione, centro nevralgico del nazismo, distrutta dalle bombe, divisa in due e poi riunita. E tutto ciò solo nel XX secolo. Una città che non nasconde nulla e che di tutto conserva i segni nelle sue strade e monumenti, sicché se anche vorresti non vedere, vedi. Nulla omette e niente dimentica. Ti conduce nei punti piú atroci della sua storia e della storia mondiale anche quando stai lasciando mondi di bellezza e non vorresti più pensarci. Accade quando esci dal Gropius Bau, ad esempio: per andare dall'altra parte della strada ti costringe ad attraversare l'area esterna della Topografia del Terrore. E accade in diversi punti lasciando il meraviglioso parco Tiengarten, e chissà dove altro ancora. Io ci sono andata per scelta in cerca di queste tracce, con Giulia, consapevolmente, come si dice: al Memoriale per le vittime della Shoah, al Museo ebraico. Non ho scattato fotografie, ancora per scelta, eccetto queste tre che pubblico. Ho scattato in particolari istanti, per reagire al disagio fisico volutamente provocato dalle architetture.

"Affrontare l’Inimmaginabile della Shoah vuol dire rapportarsi a immagini frammentate, precarie, clandestine, eppure resistenti, che ci giungono come testimonianza di un evento che lascia attoniti. Quelle immagini rivelano un grande potere evocativo proprio in virtù della loro incompletezza. Ci dicono di più, però, se ne accettiamo il limite, su cui converge anche il limite dello sguardo. Si tratta di cogliere in esse ciò che non è dato vedere. Là dove non è più sufficiente un’analisi formale delle immagini, si impone la capacità del nostro sguardo di connettersi a un controcampo immaginario, invisibile e irrappresentabile. Su questo vuoto si fonda una più attuale esperienza della visione".
Da "L'Inimmaginabile della Shoah" di Iaia Perrelli, Doppiozero, 27 gennaio 2021.

25 gennaio 2021

Virginia critica

Cime tempestose è un libro più difficile da capire di Jane Eyre, perché Emily era più poeta di Charlotte. Scrivendo, Charlotte diceva con eloquenza e splendore e passione "io amo", "io odio", "io soffro". La sua esperienza, anche se più intensa, è allo stesso livello della nostra. Ma non c'è "io" in Cime tempestose. Non ci sono istitutrici. Non ci sono padroni. C'è l'amore, ma non è l'amore tra uomini e donne. Emily si ispirava a una concezione più generale. L'impulso che la spingeva a creare non erano le sue proprie sofferenze e offese. Rivolgeva lo sguardo a un mondo spaccato in due da un gigantesco disordine e sentiva in sé la facoltà di riunirlo in un libro. […] Il suo è il più raro dei doni. Sapeva liberare la vita dalla sua dipendenza dai fatti; con pochi tocchi indicare lo spirito di una faccia che non aveva più bisogno di un corpo; parlando della brughiera far parlare il vento e ruggire il tuono.
 

Liliana Rampello [a cura di] Virginia Woolf. Voltando pagina, traduzioni di Adriana Bottini, Livio Bacchi Wilcock, Daniela Daniele [et al.], Il Saggiatore, Milano 2011; pp. 202-203.

 

 

19 gennaio 2021

Càstia

La casa di campagna ce l'ho da oltre vent'anni, l'ho messa su a Crannicosa con i soldi della liquidazione che mi ha dato, non volentieri, il giornale dove ho lavorato tutta la vita, bene, sino agli ultimi anni, pessimi. È sorta dove mio nonno aveva l'ovile per capre, pecore e qualche mucca. Verso oriente vedo il nuraghe dell'Orco e l'acropoli di S'Argidda, da lì escono il sole e la luna che poi vanno a finire dietro Santa Vittoria, a ovest. …

Giacomo Mameli, Castia. Cronache da un paese di pietre, [con illustrazioni di Lorenzo Vacca], Villanova Monteleone, Soter 2020, p. 70.