Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato che tutto ciò che spesso ci si presenta nella vita comune è vano e futile – e vedendo come tutto ciò che temevo direttamente o indirettamente non aveva in sé niente di buono né di cattivo, se non in quanto l’animo ne veniva commosso, decisi infine di ricercare se ci fosse qualcosa di veramente buono e capace di comunicarsi e da cui solo, respinti tutti gli altri falsi beni, l’animo potesse venire affetto; meglio ancora, se ci fosse qualcosa tale che, trovatolo e acquisitolo, potessi godere in eterno di continua e grandissima felicità.
Baruch Spinoza, Trattato sull’emendazione dell’intelletto (1677, postumo), a cura di Enrico de Angelis, SE, Milano 1990.
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