(Quando Irene sognava ad alta voce io mi svegliavo subito. Mai riuscii ad abituarmi a quella voce da statua o da pappagallo, voce che arriva dai sogni e non dalla gola. Irene diceva che i miei sonni erano fatti di grandi scossoni che qualche volta facevano cadere la coperta. Le nostre camere da letto erano divise dal living, ma di notte si sentiva tutto in casa. Ci sentivamo respirare, tossire, presentivamo il gesto che conduce all'interruttore della lampada da notte, le mutue e frequenti insonnie.
A parte questo, tutto era silenzioso nella casa. Il giorno erano i rumori domestici, lo sfregare metallico dei ferri, uno scricchiolio nel voltare le pagine dell'album filatelico. La porta di rovere, credo di averlo già detto, era massiccia. Nella cucina e nel bagno, che erano contigue alla parte occupata, ci mettevamo a parlare ad alta voce oppure Irene cantava qualche ninnananna. In una cucina c'è troppo rumore di stoviglie e bicchieri perché altri suoni vi irrompano. Quasi mai permettevamo che là sopravvenisse il silenzio, ma quando tornavamo nelle camere da letto e nel living, allora la casa si faceva silenziosa e in penombra, e noi camminavamo persino più piano per non darci noia a vicenda. Credo fosse per questa ragione che di notte, quando Irene cominciava a sognare ad alta voce, io mi svegliavo subito).
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