Rigurgito in metrò
Uomini e donne si avvitano, distratti, in cerchi concentrici, come animati da una logica nascosta. Sopra, il mondo è fulgido, azzurro – gli appartiene. Parlano, discutono, un vento di fogli e bisbigli si distende, continuo, nell’aria. Cosa dicono? Tutto, proprio tutto è da rifare, ma prima bisogna distruggere. E i cerchi si allungano, per disegnare un serpente: una scaglia dietro l’altra, e ogni scaglia è una catena di braccia che annodano altre braccia, per addossarsi, di spalle, alla scaglia davanti – tutte unite, ma libere, e si aspetta. Poi, un sussulto (ma fermo) – la testa, forse, si è mossa: e laggiù, lontano, qualcuno si stacca, da solo, ed avanza di un passo, si volta. Lo si sente - il brusio si è smorzato - gonfiare il suo corpo di aria. E un tuono accende la vita:
– A.N.nn.D.R.E.O.ooT.T.T.Iiii
– BOIA – s’infiamma a una voce il serpente, e si muove –
mentre insieme migliaia di pugni
quella voce accompagnano al cielo.
Giuseppe A. Samonà, Quelle cose scomparse, parole, Ilisso, Nuoro 2004, pp. 46-47.
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