31 luglio 2011

Gonare

Isparghe in Sardigna grascias e amore.
Una cara, bellissima amica oggi ce l'ha cantata divinamente.


Auguri ad Ago, Pier Paolo e Vassili. 

30 luglio 2011

Muero porque no muero

Vida, ¿que puedo yo darle
A mi Dios que vive en mí,
Si no es perderte a ti
Para mejor a El gozarle?
Quiero muriendo alcanzarle,
 
Pues a El solo es al que quiero.
Que muero porque no muero.
Santa Teresa d’Ávila

28 luglio 2011

Ciao Pablo


Il senso di tutto il nostro vagare sarà ritornare al punto
 in cui siamo partiti e scoprire il luogo per la prima volta.

Pablo Volta(Buenos Aires, 1926 – Cagliari, 28 luglio 2011)

Luisin

26 luglio 2011

Nella pancia della nave

"Alle ventiquattro e zero sei in punto l’inquilino della cuccetta numero 47, la inferiore del castello 1, dice: «Disturba se fumo?».
È un pastore in fustagno domenicale nero, liscio e lustro. Siede immobile sul bordo del lettino, da ore. Ha forse settant’anni e gli occhi neri annoiati nel volto impassibile.
«A me non disturba» dice Ruggero, inquilino della cuccetta inferiore del castello 2, numero 49. E aggiunge indicando con la testa la cuccetta superiore: «Quanto a loro, credo non siano in grado di intendere e volere».
Il vecchio accende mezzo toscano.
Ruggero chiede: «È la prima volta che viaggiate in nave?».
«La prima volta. Mia figlia si sposa a Roma con un medico napoletano…».
«Non avete paura del mal di mare?».
«Non so cos’è. E tu, dove vai?».
«A Napoli, per un concorso».
«Un posto dello Stato?».
«Un posto dello Stato».
«Operaio, impiegato o dirigente?».
«Giornalista alla radio».
«Hai gli amici giusti?».
«Non ho amici».
«Non vincerai».
Madre acqua …
«Voi siete contento del matrimonio di vostra figlia?».
«Sì e no. Sì perché a Nuoro nessuno se la sarebbe sposata, una che ha fatto l’università a Bologna, ha preso altre abitudini. No perché è lontana da casa. Ma dirò a lui di venire nell’isola, qui da noi napoletano più o meno… Il suo mestiere può farlo dove vuole. Vivranno in città. A Nuoro medici ce n’è già più del necessario, ma lui lavorerà a Oliena, o a Orgosolo, viaggerà, si farà le ossa… Potrò andare a trovarli a cavallo, non su questa bestia putrida».
«A cavallo?».
«Sono pastore. E se uscissimo all’aperto? Qui si respira male…».
Sul ponte il pastore dice: «Bella notte, ma il mare non mi piace, lo capisco ma non mi piace, si agita troppo per nulla, mi bagna la giacca e me la sala, in fondo stiamo soltanto passandoci sopra, la terra è più sicura. Se non fosse ch’è acqua lo maledirei».
«Non potete maledire l’acqua?».
«Non si maledice una madre. L’acqua è madre… l’uomo ha molte madri, acqua, terra, sole, aria… Preferirei stare sotto un olivo, con un bicchiere di vino in mano, ascoltando e raccontando storie con gli amici…».
«Raccontate» risponde Ruggero «il vino manca, io vi conosco appena, ma avete tutto il tempo. Là dentro con quella puzza non riuscirei a dormire, preferisco stare all’aperto».
«Conosci la storia di Rosario Moro?».
«No. Era un bandito?»."
Sergio Atzeni, Il quinto passo è l’addio, Ilisso, Nuoro 1995, pp. 108-110.
 «È la Tirrenia di una volta che ha fatto di me la donna che sono. I suoi bagni luridi hanno aumentato esponenzialmente le risorse del mio sistema immunitario: oggi sono così immunizzata che potrei andare in Indocina senza fare alcuna vaccinazione. Le sue cabine a quattro posti da condividere con perfetti sconosciuti mi hanno fatta diventare tollerante verso le diversità, aperta al nuovo e curiosa degli altri. I ponti insicuri sui quali ho trascorso tante notti perché la poltrona costava troppo mi hanno fatta riflettere sulla fragilità della nostra condizione umana, così esposta ai marosi del destino. Quando riuscivo a pagarmi una poltrona era in condizioni tali da farmi valutare come alternativa anche il linoleum scrostato del pavimento, insegnandomi che quando credi che il peggio sia arrivato, non è detto che sia davvero così. L’offerta di cibo nelle sue mense mi ha forgiata all’esercizio di un digiuno liberante.
La difficoltà di viaggiare con quelle vecchie carrette, sempre piene o con tratte lente a massimo risparmio di carburante, mi ha educata al valore della rinuncia, insegnandomi a non prendere le occasioni al volo, che non si sa mai dove ti portano. Vedere che per i turisti d'estate venivano messe navi migliori e più veloci mi ha insegnato che dall'altra parte del mare qualcuno era convinto che i sardi meritassero gli scarti, tanto non potevano scegliere.»
Michela Murgia, in Sardegna 24 del 24 luglio 2011.
Costantino Nivola, particolare di una terracotta.

18 luglio 2011

Luglio

Alle sei del pomeriggio di un giorno di metà luglio, la luce penetra dentro l’anima illuminando ogni piccolo residuo angolo buio dell’inverno. Perfino le pecore brillano al sole.
Ci fermiamo a guardarle durante il tragitto che da O. ci porta nel casolare di G. e A., a poche centinaia di metri dalla chiesa campestre di S’Ispiridu Santu. 
E arriviamo per ultimi, io, R. e P., mentre gli altri sono già tutti lì: L., Lor., V., C., G., M., A., F… In un abbraccio una bella fetta d’infanzia, con amici e compagni di vita arrivati dopo e fusi nel nostro solito antico modo di stare insieme. Manca chi se ne è andato per non tornare. E tuttavia, oggi, non c’è alcuna malinconia, solo l'allegria del ritrovarsi ancora lì, insieme, nonostante i naufragi, la sopravvissuta briciola di follia, la capacità del piacere.
G. è seminudo davanti al porcetto che arrostisce all’aperto, con tutti i crismi. Tolgo la carta stagnola dai miei sformati fatti con le verdure buone dell’estate, metto in frigo il tiramisù. A. ha fatto il gelato e i bigné, e tutti continuiamo a cucinare, bevendo un vino che è troppo buono per poterne uscire indenni, penso mentre guardo il grande tavolo nel patio dove sono state appoggiate quattro bottiglie già vuote. Ce n’est qu’un debut
La campagna è magnifica, gli alberi sono al loro posto, solo più belli, più alti, mi sembra. E noi, in questo tempo che passa e non vuole passare. Nella bellezza del ritrovarsi chiudendo col mondo, di rado portando sul tavolo i guai, se non con discrezione, in pochi e brevi momenti ritagliati all’allegria collettiva. A dirsi della vita che è sempre stata bella e dura e che ora le difficoltà di ogni ordine e grado fanno diventare, talvolta, durissima. Ancora, ritrovarsi con questa felicità irriducibile, come se a poco ci riguardasse quel che puntualmente affrontiamo nella quotidianità. La fatica, anche. Che non ci tocca mai veramente ma solo ci sfiora, sembra, ora che siamo già un po' ubriachi. Perché sono vere, reali, la serietà e responsabilità. Nel mondo. Forse mai totalmente. Presenti a noi stessi, adesso.
Intanto la luce della luna ha già lasciato lo spazio all'alba già infuocata, dentro il fiume di parole, le risate e i canti, nella magnifica campagna dello Spirito Santo, verso notte e poi mattina, con la vita che scorre di lato, bella.

La foto – in b/n colorizzato a mano – fa parte della ricerca "Sacrario ai caduti di tutte le feste" del mio amico Massimo Golfieri. 
Questo post è dedicato anche a lui.

15 luglio 2011

Macallé

Nei grandi pannelli esposti all'Aquario di Cala Gonone in questi giorni, esalta (manco a dirlo) l'elemento marino, "corridorio" blu elettrico che non divide il mondo. Gli squarci che vi appaiono non danno, infatti, le suggestioni di quelli più noti di Lucio Fontana. Antronio Secci, l'artista che li ha ralizzati, è nato a Dorgali nel 1944. Spinto dagli artisti Gianni Dova e Guy Haloff lascia la Sardegna nel 1966 per trasferirsi a Milano, dove frequenta la scuola degli Artefici di Brera, conoscendo Lucio Fontana e Roberto Crippa, di cui divenne il principale collaboratore. Viaggia per studio in Francia, Svizzera e Stati Uniti e realizza due opere a quattro mani con Crippa. Dai primi anni Settanta la sua ricerca lo porta a creare superfici materiche lacerate da tagli irregolari e linee rette che evidenziano l'epidermide cromatica della pittura, animate da forti contrasti di colore. 
Attualmente Antonio Secci vive e lavora a Cala Gonone; è magrissimo, ha una faccia bella e bruciata dal sole come quella dei primi pescatori della frazione marina, che provenivano da Ponza (i dorgalesi, sino a 60, 70 anni fa, erano tutti pastori e avevano paura del mare). Il rione del piccolo porto, ora chiamato anche Il gabbiano (dal nome di un hotel), alle sue origini era Macallé, fondato agli inizi del Novecento dai pescatori di Ponza, appunto. Inncontrai per la prima volta lì, Antonio, e lo scambiai per un pescatore. Iniziò a raccontarmi di sé davanti a un bicchiere di Filieri fresco.

12 luglio 2011

Ma'

Forse sarebbe ora di comprare un nuovo ventilatore per lo studio, questo è diventato rumoroso proprio adesso che avrei bisogno della massima concentrazione. Tra una settimana in stampa. Facile a dirsi mentre si susseguono le distrazioni. Un susseguirsi di sms, ad esempio.
"45 gradi all'ombra" scrive babbo da Giffoni Filmfestival, prima di entrare in sala per l'anteprima di Harry Potter e i Doni della Morte." "Ok, ciao." 
Figlia dal suo ultimo workshop prima delle vacanze: "Ma', il prof ha il manifesto!" "Va bene, studia." "Ma', bette pesante!" (Intraducibile, pardon.)
Io e il piccolo siamo rimasti soli. Ieri ha finito le prove dell'esame di maturità. Ha dormito sino a sera ed è rimasto in giro a festeggiare con gli amici tutta la notte. Non l'ho quasi visto e oggi, evidentemente un po' gli manco. Alle 12 uno scambio di sms, appunto: "Ciao ma', a che ora torni a casa?" "Stavo pensando di non tornare. Ti va se andiamo a pranzo da qualche parte? Non ho voglia di cucinare." "Bella ma', passo a prenderti."
Insalata, melone, acqua e caffè in un posticino dove l'aria era condizionata per creare stabilmente -5°. Ho desiderato un playd sulle gambe. Abbiamo parlato e riso. Figlio sembra davvero felice di essersi liberato del liceo. Un piacere stare insieme, dopo gli ultimi giorni prima dell'esame in cui il suo nervosismo è arrivato alle stelle, tanto l'opprimeva l'idea che doveva studiare, con quel caldo, che per la quantità delle ore d'impegno, che è tutto dire... Anch'io avevo finito gli esami di maturità l'11 luglio, ricordo bene. E ricordo anche di quanto poco avessi le idee chiare sul "dopo". Architettura o filosofia? A settembre, avvicinandosi il momento dell'iscrizione all'università,  poco mancò che facessi testa o croce.
A pranzo, -5°:
- Storia a Bologna o cinema a Pisa alla facoltà di lettere e filosofia... Ma', non lo so...
- Puoi fare testa o croce, se vuoi.


Continua

1 luglio 2011

Andarsene

Più vero ed elegante è non lasciare il luogo abitato nel tempo platealmente. Andarsene soltanto. Con un saluto, discreto.