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27 ottobre 2013

Particolare

"Credo che Bacone sia rimasto prigioniero della sua filosofia, e questo pericolo minaccia anche me. Davanti agli occhi aveva una vivida immagine di un gigantesco edificio, che però svaniva non appena voleva scendere sul serio nel particolare. Era come se alcuni uomini del suo tempo avessero iniziato a erigere un grande edificio dalle fondamenta; ed egli avesse immaginato qualcosa di analogo, l'aspetto esteriore di una costruzione siffatta, ma l'avesse immaginato ancora più maestoso, forse, di come lo vedevano coloro che lavoravano a costruire. Per far ciò non era per nulla indispensabile avere talento architettonico, ma solo una 'vaga' idea del metodo. Ma il peggio era che egli polemizzava contro quelli che veramente costruivano, senza conoscere i 'propri' limiti, o senza volerli riconoscere.
D'altra parte, vedere questi limiti, e quindi ritrarli con chiarezza, è oltremodo difficile; trovare insomma, per così dire, uno stile in cui poter ritrarre questa cosa oscura. Infatti vorrei dire a me stesso: «Dipingi davvero solo ciò che vedi!»."
Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi, a cura di Michele Ranchetti, Adelphi, Milano 1981, p. 126.

22 novembre 2011

E ti amo Maarioooh, oh, oh, oh, oh

"Tutta una generazione di allievi poté considerare Wittengestein un positivista, perché egli aveva qualcosa di enorme importanza in comune con i positivisti: aveva tracciato la linea di separazione fra ciò di cui si può parlare e ciò di cui si deve tacere. Il positivismo sostiene – è questa è la sua essenza – che ciò di cui possiamo parlare è tutto ciò che conta nella vita. Invece Wittgenstein crede appassionatamente che tutto ciò che conta nella vita umana è proprio ciò di cui, secondo il suo modo di vedere, dobbiamo tacere. Quando ciò nonostante egli si prende immensa cura di delimitare ciò che non è importante, non è la costa di quell’isola che egli vuole esaminare con tanta meticolosa acuratezza, bensì i limiti dell’oceano."
Lettere di Ludwig Wittgentein con ricordi di Paul Engelmann, traduzione di Isabella Roncaglia Cherubini, Firenze, La Nuova Italia, 1970, p. 71.

Nel giro di 24 ore ho letto nei socialini la settima e ultima proposizione del Tractatus – a cui accenna quassù Engelmann – per ben tre volte, al solito in luogo del meno elegante "se non sai le cose, stai zitto". Ora, che uno dei più grandi filosofi del Novecento abbia consegnato alla storia un pensiero dell'altezza di "taci che non capisci una mazza", dovrebbe sembrare un po' sospetto, no? 
No. L'Internazionale Citazionista non ha dubbi. E dunque, Ludwig, riposa in pace pure tu.