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6 gennaio 2014

Il cielo di gennaio

"Cosa fai in piedi così tardi?"
"Sto contando le stelle."
"Ne conosci davvero tutti i nomi?"
"Sì, certo."
"Quante ne hai contate?"
"Cento."
"Ce ne sono molte più di un cento."
"Lo so."
"Perché hai smesso?"
"Cento sono sufficienti. Una volta che ne hai contate cento, tutte le altre centinaia sono uguali."

26 luglio 2012

Filigrana

"Quando scrivo io cerco di esprimere il mio modo di essere nel mondo. Si tratta principalmente di un processo di eliminazione: una volta eliminate tutte le parole morte, i dogmi di seconda mano, le verità che non sono tue ma di altri, i motti, gli slogan, le sfacciate bugie del tuo paese, i miti della tua epoca storica; una volta tolto di mezzo tutto ciò che deforma l’esperienza e le fa assumere un aspetto che non riconosci e in cui non credi, ciò che ti resta è qualcosa che si approssima alla verità della tua concezione. È questo che cerco quando leggo un romanzo: la verità di una persona, nella misura in cui può essere restituita mediante il linguaggio. Quest’unico dovere, debitamente perseguito, produce risultati complicati e vari. Non è certo un appello all’autobiografismo, anche se ci saranno sempre autori che confondono il desiderio di verità personale del lettore con l’invito a scrivere un trattato, o un discorso, o un libro di memorie malamente mascherato in cui gli eroi sono loro stessi. La verità del romanzo è questione di prospettiva, non di autobiografia. È ciò che non puoi evitare di dire se scrivi bene. È la filigrana dell’io che appare in tutto ciò che fai. È la lingua come rivelazione della coscienza."
Zadie Smith, Perché scrivere, minimum fax, Roma 2011.  

16 luglio 2012

Armidda

"Una teoria immunologica* tenta di spiegare come e perché il nostro sistema immunitario riconosce un ospite estraneo e non gradito e dunque lo attacca producendo anticorpi. Nei primi mesi di vita del feto i rappresentanti dei nostri organi, per così dire, migrano verso la ghiandola del timo: in questa sede avviene una sorta di presentazione e di riconoscimento. Il nostro io impara di cosa è composto l’organismo. Da quel momento ogni elemento estraneo, non presentato in quella sede, diventa nemico e dunque è suscettibile di reazione immunitaria. La metafora letteraria che si può trarre è: più ci conosciamo (con metodo e onestà di rappresentazione), più ci difendiamo. A voler estendere questa teoria immunologica alla narrativa in senso lato, si potrebbe sostenere che solo una buona e approfondita presentazione delle parti in campo (degli elementi che compongono la nostra identità) ci prepara e struttura la nostra resistenza al male, all’ignoto e alla complicità che di solito abbiamo con queste dimensioni."
Antonio Pascale, Questo è il paese che non amo. Trent’anni nell’Italia senza stile, minimum fax, Roma 2010, p. 85.
* Jean Claude Amesein, Al cuore della vita. Il suicidio cellulare e la morte creatrice, Feltrinelli, Milano 2001.

Thymus spp.

Thymus serpyllum L.
Nome comune
Timo serpillo
Nome sardo
Armidda
Nome francese
Serpolet
Nome inglese
Wild thyme

Thimus vulgaris L.
Nome comune
Timo
Nome sardo
Timu, Tumu, Tumbu
Nome francese
Thyme commun
Nome inglese
Common Thyme

Famiglia
Lamiaceae
Parte utilizzata
sommità fiorite
Costituenti principali
olio essenziale (1% Thimus s.; 2,5% Thimus v.)
tannino; sostanze amare: serpillina flavonoidi, saponine e triterpeni ad attività antibiotica

Attività principali
antisettica, espettorante e mucolitica
antitossiva e spasmolitica
digestiva e coleretica

Impiego terapeutico
affezioni dell'apparato respiratorio
(trattamento sintomatico della tosse)
trattamento sintomatico delle turbe digestive

CURIOSITÁ
"Fra le tante dita cerchiate di anellini di metallo, Olì recava striscie di scarlatto e nastri coi quali voleva segnare i fiori di San Giovanni, cioè i cespugli di verbasco, di timo e d’asfodelo da cogliere l’indomani all’alba per farne medicinali ed amuleti." (Grazia Deledda, 1904)
"L’erba che copre qualche macchia del suolo sulla cima [del Gennargentu] è il profumato Thimus herba barona; in mezzo a queste chiazze si vede spuntare in giugno il fiore che preannuncia l’inverno, il rilucente Crocus minimus." (Alberto Della Marmora, 1868)
Enrica Campanini, Piante medicinali della Sardegna, Ilisso, Nuoro, 2009, pp.496, 499. 

9 luglio 2012

La misura

"Ho visto, una domenica mattina di qualche tempo fa, uno spettacolo circense per bambini. Gli animali non venivano costretti a esibirsi, ma semplicemente apparivano, come in una visione esotica, dietro una nuvola di azoto liquido. A un certo punto, un'equilibrista ha fatto il numero del volo dell'angelo. Vestita di tulle trasparente, bellissima con le sue ali fittizie, è, piano piano, salita al cielo, vorticando in cerchi sempre più stretti. Mi sono accorto, tuttavia, che solo gli adulti seguivano con lo sguardo (illuso) l'equilibrista. La maggior parte dei bambini aveva capito che lei non si sollevava per magia ma perché un inserviente, da dietro le quinte, si dava da fare con manovella, corda e puleggia. Ora, guardare non l'illusione del volo, ma il trucco dello stesso, contribuisce a formare bambini più svegli, attivi e intelligenti, o al contrario, bambini che penseranno che la vita è solo un sistema di corde tese e pulegge e inservienti che dietro le quinte manovrano tutto? E se svilupperanno questa convinzione, che qualcun altro muove sempre i fili, quale sarà il loro rapporto con la rappresentazione della realtà?"
Antonio Pascale, Questo è il paese che non amo. Trent'anni nell'Italia senza stile, Minimum fax, Roma 2010, p. 133.

13 giugno 2012

Anti nonsense

"Questo Manifesto dichiara la fede dell'UNESCO nella biblioteca pubblica come forza vitale per l'istruzione, la cultura e l'informazione e come agente indispensabile per promuovere la pace e il benessere spirituale delle menti di uomini e donne."

25 maggio 2012

Le voci

Anche per averlo citato e, dunque, per quel che mi riguarda, “immortalato” in Nascar, non ho mai scordato il primo titolo di Paolo Nori, Bassotuba non c'è. Ora lo ricorda Andrea Cortellessa in Narratori degli anni zero, antologia da lui curata per l’ultimo numero dell'Illuminista diretto da Walter Pedullà. Mi ha fatto piacere trovare Bassotuba inserito tra i migliori romanzi degli esordienti italiani del primo decennio. Di seguito riporto un'ampia citazione che ben delinea il carattere dell'indimenticabile protagonista. (Gli altri 24 esordienti entrati nell'antologia che per sua natura si lascia alle spalle una strage sono: Tommaso Pincio, Ugo Cornia, Antonio Pascale, Francesco Permunian, Nicola Lagioia, Christian Raimo, Leonardo Pica Ciamarra, Laura Pugno, Franco Arminio, Paolo Morelli, Emanuele Trevi, Giorgio Falco, Giuseppe A. Samonà, Eugenio Baroncelli, Ornela Vorpsi, Luca Ricci, Luca Rastello, Roberto Saviano, Babsi Jones, Andrea Bajani, Francesco Pecoraro, Giorgio Vasta, Gabriele Pedullà, Gilda Policastro.)

"Fin da quand'ero piccolo, ci sono delle voci che stanno sulla mia testa e vanno avanti e indietro, e volano su tutta la superficie della mia testa che va dalla fronte alla nuca e girano, girano, ogni tanto picchiano e provano a entrare, cercando un passaggio attraverso la scatola cranica. E dicono, fin da quand'ero piccolo. Sei una merda! Sei una grandissima merda che non vali niente!
Io ci rispondo, fin da quand'ero piccolo, ci dico Non è vero, siete voi delle merde. Andate via, Ci dico Basta. Non avete nient'altro da fare che stare qui a picchiare sulla scatola cranica, andate via, andate da un'altra parte a far confusione. Proprio qui, ci dico, dovete venire a portare scompiglio, che la gente si sta riposando? Non avete cognizione, ci dico, alle voci.
E loro Sei una merda! Sei una merda secca! Sei una merda che non è più buona neanche per concimare! mi dicono. Sei una merda letale! dicon le voci che stazionano nella mia testa.
Io ci dico Vi divertite? ci dico. Brave, andate avanti, continuate pure, ci dico. Tanto non me la prendo, ci dico.
Merda, merda, merda, continuano loro, si mettono anche a cantare, e picchiano sempre più forte, cercano di entrare nel mio cervellino.

[…]

Se venisse l'angelo della devastazione e mi dicesse Learco! io ci direi Ecco, ci siamo.
Lui mi direbbe, l'angelo dell'apocalisse, Learco! Perché ti sei ridotto così? Angelo, gli direi, non lo so.
Lui mi direbbe Learco! Cosa ne hai fatto dei talenti che ti abbiamo dato? Io gli direi Boh.
Learco! mi direbbe l'angelo della fine del mondo. Oh, gli direi. Learco, spiegami cosa ti è successo. Spiegami perché non hai sviluppato i talenti che ti abbiamo dato. Io gli direi Mah, ci dovrei pensare, gli direi.
Ecco, mi direbbe l'angelo, pensaci. … ".
Paolo Nori, Bassotuba non c'è, DeriveApprodi, Roma 1999, pp. 23-25.

Foto di Ed Templeton

31 ottobre 2011

Contropelo

"La storia dei diritti del lettore sul versante editoriale comincia con la possibilità di esercitare un libero diritto di scelta. E qui il dito è puntato contro le forme di lettura indotta, di condizionamento occulto o palese, contro le promozioni gonfiate: attività che in genere vanno di pari passo con una informazione bibliografica che invece manca o scarseggia. La pubblicità editorale in Italia va assumendo sempre di più i toni, lo stile e le cadute di tutta la restante pubblicità, in omaggio al principio per cui vendere un libro o vendere un dentifricio è più o meno la stessa cosa. In più quello libraio è l'unico campo in cui la pubblicità redazionale non viene segnalata: non possono essere definite diversamente certe recensioni prone e osannanti. Lo stretto connubio della proprietà editoriale con la macchina recensoria è reso evidente dalla percentuale di recensioni o citazioni dei libri editi da una casa editrice sulle riviste o i giornali di cui questa è proprietaria. … Il passaggio in TV, la recensione amica, l'intervista all'autore sul quotidiano dell'editore, costituiscono altrettante tessere di un meccanismo drogato, anticipatamente preordinato e spesso del tutto indipendente dalle qualità effettive del libro. Il gioco, insomma, è truccato, e si vede.
Per intanto, dunque, al lettore conviene esercitarsi nella pratica della lettura contropelo, decodificare le manchettes (che credo si declini al singolare. [N.d.B.]) pubblicitarie, leggere in filigrana i risvolti di copertina, le recensioni amiche e nemiche (spesso ubbidiscono allo stesso codice gaglioffo): ricorrere al tam-tam amicale accanto all'informazione specialistica; diffondere come pubblico congiurato le notizie sulle fregature ricevute, sulle manipolazioni editorial, sulle cattive edizioni, sui non-libri annidati in collane prestigiose." 
Luca Ferrieri, Il lettore a(r)mato, Stampa Alternativa, Roma 1993, pp. 27-28. 
Un vecchio ma ancora provocatorio Millelire su un tema da un miliardo e sul quale, se ti interessa, trovi invece una buona bibliografia alla fine di quest’altro testo.

14 marzo 2011

Las Indias de aqui

Lettera di Rimbaud a sua suocera, raccolta in Si t'avances et je recule (Garnier, Paris 1898), e proposta da Stenelo (grazie) nella pagina FF del suo collettivo (GhostwritersOnDemand). Totalmente d'accordo con lo zombi per quanto ribadisce in un dialoghetto friendfeedano: non aspetto, non credo esistano  e neppure vorrei alessandrimagni che raccontino di poterci condurre "alle porte dell'India". E al poco stupefacente fatto che non ci sia nessuno in assetto di miracolo, anch'io rispondo sempre ai ragazzi ricordando loro che, nel nostro orizzonte verso un cambiamento possibile, continua a esserci soltanto la repubblica parlamentare. Dunque, l'unica aspettativa che continuo a non precludermi e che vorrei nessuno si precludesse (non mi interessa domandarmi se ragionevolmente o meno, convinta sia  falso che siamo, e quindi siano, tutti "uguali") è che si vigili costantemente per inviare nelle camere rappresentanti capaci di elaborare un progetto sociale all'altezza della situazione.

1 settembre 2010

Tutto da rifare

Mi rendo conto che l’immagine è diventata consueta: un pullman carico di ragazze. Una carovana di femmine da esposizione. È sempre la stessa la loro età: dai venti ai trent’anni, con qualche punta sui 35 portati bene, o sui diciotto portati male. È sempre identico il loro aspetto: alte, magre, truccate, i capelli lunghi, i corti abitini neri, le generose scollature. È identica la loro espressione: vuota, disponibile e scocciata. È omogenea la motivazione: ottenere senza far niente qualche soldo. Alle feste del Premier un migliaio di euro, alle lezioni del Dittatore libico soltanto ottanta (ma c’è l’esenzione dalle prestazioni sessuali, a meno che Maometto non ti scelga). È diventata parte del panorama quotidiano, quest’umanità femminile ridotta a pura decorazione. Negli incontri fra vecchi potenti e impotenti ci si scambiano mazzetti di fanciulle, come se fossero gladioli o garofani. Qualcuno le sistema nei vasi. Quindi i signori si dedicano ai loro affari, scambiano soldi e destini, io ti blocco il flusso di migranti tu mi paghi questo e questo, io ti do un tot tu mi garantisci un tot più due… I cavalli berberi, le ragazze italiane, le soldatesse libiche, le religioni monoteiste… tutto è scenografia, spettacolino, contorno. Per noi, cittadini di questo Paese, è triste, per noi donne è qualcosa di più: è offensivo. E pericoloso. È pericoloso abituarsi all’immagine delle carovane di ragazze umiliate e contente. Gli effetti collaterali si moltiplicano. Sempre più gravi, sempre meno prevedibili. Nessuno ci fa caso. Poi capita che due medici, in sala parto, si prendono a pugni invece di aiutare una giovane madre a partorire, e tutti gridano e tutti si stupiscono. Forse, in quel momento, sul lettino, non c’era una persona impegnata nell’impresa più nobile e difficile in cui può impegnarsi un essere umano, ma un capo di bestiame come un altro.
Lidia Ravera, Femmine come bestiame, L'Unità, 2 settembre 2010 


Campagna Fieg di promozione della lettura (sigh!)

3 giugno 2010

Ispìritu 'e patata

L'Italia è il Paese in cui regna sovrana la battuta di spirito. Ma una battuta di spirito molto diversa dal "mot d'esprit" alla Voltaire o da quello, sovversivo, esercitato da Karl Kraus, o ancora dal Witz freudiano, rivelatore dell'inconscio. Niente di tutto questo.  È una battuta fondata sulla retorica, che consiste nella spiritosaggine o facezia, e che ha la funzione di svuotare il problema del suo contenuto per spostare l'attenzione sulla sua formulazione, a dimostrazione di un'intelligenza brillante che gira a vuoto. Si tratta di un funambulismo verbale che ricorda la "causerie" della corte di Luigi XIV, quella delle Preziose ridicole o delle Furberie di Scapin, per quanto attiene alla Francia, o che evoca, per l'Italia, la maschera di Arlecchino, così tipico della nostra cultura e della Commedia dell'Arte e che, non dimentichiamolo, è servitore di due padroni. Esistono naturalmente parecchi livelli stilistici di questa battuta di spirito, che vanno dalla volgarità travestita da snobismo raffinato all'esercizio freddo di un'intelligenza geometrica passando per la barzelletta goliardica. A ispirare tutto questo è comunque la stessa cosa, il cinismo /…/, una sorta di "fenomenologia dello spirito" di un popolo che, nel corso dei secoli, ha dovuto adattarsi ai padroni più diversi, dai Longobardi agli Angioini, dai Borboni agli Autro-Ungarici e a Napoleone, dai Savoia al fascismo e alla Dc. /…/
Per quanto riguarda l'ambito del salotto letterario, eventualmente progressista, /…/ tratta con il medesimo tono spumeggiante il problema dei "sans papiers" o degli albanesi, quanto quello dei pedofili o delle torture in Somalia, per poi evocare il trash, il punk, Gucci, gli stilisti italiani o ancora le corde vocali della Callas o dell'ultima cantatrice alla moda, foss'anche calva. Purtroppo per noi tale cronista è convinto di possedere un grande "esprit de finesse".
Antonio Tabucchi, La gastrite di Platone, Sellerio, Palermo 1998, pp. 45-47.

10 ottobre 2009

Silicon Burqa*

I processi educativi determinano l'ordine simbolico che sta alla base della costruzione delle relazioni, dei patti sociali, della politica, della società. Per dirla con Karl R. Popper, "i cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo." Oggi più che mai – in una ossimorica situazione di reale liberà apparente – credo non sia facile analizzare e intervenire sull'ordine simbolico sistematicamente costruito dalla caja tonta italiana degli ultimi trent'anni, che sembra aver cancellato con un colpo di spugna decenni di battaglie di liberazione verso un pensiero civile, libero, rispettoso della dignità e integrità delle persone, e delle donne in primis. Più precisamente, non sarà facile rendere consapevoli di quanta falsità e violenza è contenuta nella gran parte dei format televisivi italiani, ma bisognerà pensare seriamente che il problema è basilare e non più rinviabile. Per questo voglio indicare un lavoro che mi ha molto colpito e che – in un contesto molto complesso da trattare – ha il merito di riuscire a essere limpido. Si tratta di un documentario intitolato Il corpo delle donne e affronta proprio il tema dell'uso del corpo della donna in tv. Andrebbe proposto anche nelle scuole, secondo me, e non soltanto per le risposte che dà, ma per le domande che pone, o per quelle potenziali che potrebbe a ragione suscitare.


* Ho intitolato il post in un modo piuttosto duro, perché, in realtà, l'ho scritto circa un mese fa, quando una delle nostre eccelse ministre ha violentemente strappato il velo a una donna musulmana, cosa che mi ha fatto arrabbiare e vergognare. Sono tempi in cui in Italia delle donne se ne parla soltanto come escort o come poltiche isteriche. Terribile.
Vorrei scrivere cose buone e belle, che so? intitolare questa nota Dalla parte delle bambine, ad esempio, e così ricordare Elena Giannini Belotti, una delle maestre che, quand'eravamo ragazzine e ragazzini, ci ha aperto gli occhi, con fermezza e con dolcezza, resi maggiormente consapevoli della costruzione dei ruoli e dell'inautenticità. C'è bisogno di riprendere certi discorsi, di una maggiore informazione e di un approccio verso le culture differenti dalle nostre assolutamente meno rozzo di quello proposto dalle "avanguardie" italiane. Velate o no – come ci ha mostrato anche Fatema Mernissi nel suo bellissimo saggio intitolato L'harem e l'Occidente –, le donne musulmane sono per le strade a milioni. Con l’istruzione pubblica hanno riacquistato le ali, e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile. Sono una forza civile imponente che lotta per la democrazia e l'emancipazione. Non hanno bisogno dell'aiuto di ministre manesche.