10 ottobre 2009

Silicon Burqa*

I processi educativi determinano l'ordine simbolico che sta alla base della costruzione delle relazioni, dei patti sociali, della politica, della società. Per dirla con Karl R. Popper, "i cittadini di una società civilizzata, le persone cioè che si comportano civilmente, non sono il risultato del caso, ma sono il risultato di un processo educativo." Oggi più che mai – in una ossimorica situazione di reale liberà apparente – credo non sia facile analizzare e intervenire sull'ordine simbolico sistematicamente costruito dalla caja tonta italiana degli ultimi trent'anni, che sembra aver cancellato con un colpo di spugna decenni di battaglie di liberazione verso un pensiero civile, libero, rispettoso della dignità e integrità delle persone, e delle donne in primis. Più precisamente, non sarà facile rendere consapevoli di quanta falsità e violenza è contenuta nella gran parte dei format televisivi italiani, ma bisognerà pensare seriamente che il problema è basilare e non più rinviabile. Per questo voglio indicare un lavoro che mi ha molto colpito e che – in un contesto molto complesso da trattare – ha il merito di riuscire a essere limpido. Si tratta di un documentario intitolato Il corpo delle donne e affronta proprio il tema dell'uso del corpo della donna in tv. Andrebbe proposto anche nelle scuole, secondo me, e non soltanto per le risposte che dà, ma per le domande che pone, o per quelle potenziali che potrebbe a ragione suscitare.


* Ho intitolato il post in un modo piuttosto duro, perché, in realtà, l'ho scritto circa un mese fa, quando una delle nostre eccelse ministre ha violentemente strappato il velo a una donna musulmana, cosa che mi ha fatto arrabbiare e vergognare. Sono tempi in cui in Italia delle donne se ne parla soltanto come escort o come poltiche isteriche. Terribile.
Vorrei scrivere cose buone e belle, che so? intitolare questa nota Dalla parte delle bambine, ad esempio, e così ricordare Elena Giannini Belotti, una delle maestre che, quand'eravamo ragazzine e ragazzini, ci ha aperto gli occhi, con fermezza e con dolcezza, resi maggiormente consapevoli della costruzione dei ruoli e dell'inautenticità. C'è bisogno di riprendere certi discorsi, di una maggiore informazione e di un approccio verso le culture differenti dalle nostre assolutamente meno rozzo di quello proposto dalle "avanguardie" italiane. Velate o no – come ci ha mostrato anche Fatema Mernissi nel suo bellissimo saggio intitolato L'harem e l'Occidente –, le donne musulmane sono per le strade a milioni. Con l’istruzione pubblica hanno riacquistato le ali, e gli estremi casi di violenza nelle strade algerine o afgane contro le donne non velate sono il segno della fine del dispotismo maschile. Sono una forza civile imponente che lotta per la democrazia e l'emancipazione. Non hanno bisogno dell'aiuto di ministre manesche.

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