29 marzo 2018

Particolare

Grillo?, domandai, ma che mi sta dicendo? È così che si chiamano le figure senza tronco che Bosch dipingeva, disse il Copista, è un nome antico che è stato riscoperto dai critici moderni come Baltrušaitis, ma per la verità è un nome dell'antichità, fu Antifilo a inventarlo, perché lui dipingeva figure del genere, esseri senza tronco, solo la testa e le braccia. […] 
Così lei sa proprio lutto di questo quadro, dissi io. Conosco questo quadro come le mie tasche, disse lui, per esempio, vede quel che sto dipingendo adesso?, bene, fino ad ora i critici hanno detto che questo pesce è una cernia, ma questo pesce non è una cernia, permetta che glielo dica, questo pesce è una tinca. Una tinca?, chiesi, la tinca è un pesce d'acqua dolce, no? La tinca è un pesce d'acqua dolce, mi confermò, lui vive nei pantani e nei fossi, è un pesce che ama il fango, è il pesce più grasso che ho mai mangiato in vita mia. 
Da Requiem di Antonio Tabucchi, trad. Sergio Vecchio. Il frammento più lancinante dell'intero romanzo.

28 marzo 2018

Da Santi per A.

Rabbrividiscono le stelle in coro dorato
e sembrano fate ubriache
le montagne;
da quando manchi come buon grano
alla terra arcaica del mio sguardo,
o tenero fratello di sapienti
orizzonti sconfinati.

Il mondo è più povero
d’amore, d'umanità e d'arte.

Un virtuoso idillio
di fiumi e d'aranci
ci lega per sempre
ad un'alba vera e lucente
di campane anarchiche.

Come torcia accesa
sul ventre del mare più stravagante
risorge inconsumata tra isole e città
la tua inedita anima colma
di remota grazia.
Hai brillato qui come arcano faro originale
sul vuoto amorale d’una civiltà sempre più meccanica.

Ti conservo nelle mani come armonica alata
soffiata da un vento rivoluzionario.


Santi Geraci


25 marzo 2018

A ResPublica con Simone

Sono diversi mesi che vado in giro a presentare il mio saggio dedicato alla filosofa e scrittrice Simone de Beauvoir, e sin qui ho avuto sempre incontri belli e costruttivi. Ma l’appuntamento di quest’ultimo sabato ad Alghero, nell'ambito del festival FeminArts, è stato davvero speciale, perché speciale è il luogo che mi ha accolta, segnato com'è dall'inconfondibile cifra di un sentito impegno collettivo. Si chiama ResPublica, ed è una rete aperta di associazioni di promozione sociale e di servizi che opera nel magnifico edificio di un’antica caserma, nel cuore del centro storico, trasformata in un attivissimo e accogliente centro culturale, con una gestione degli spazi ispirata agli usi civici. Al suo interno c'è una biblioteca, attualmente impegnata anche nella costruzione di una raccolta dedicata ai più piccoli.
Sabato pomeriggio, nelle stanze che si affacciano in un labirintico corridoio dagli alti soffitti, intravedevo diversi gruppi di lavoro; in una di esse, dei ragazzi africani seduti in cerchio, erano concentrati nella conversazione. Arrivata in anticipo, non ho comunque voluto fotografare nelle stanze, per non disturbare, limitandomi a pochi spazi vuoti. E vorrei raccontare di più e meglio, ma lo scopo di questo post è soltanto quello di ringraziare con tutto il cuore chi mi ha inviata a presentare il libro in un luogo così bello e significativo.
In particolare, grazie a Enedina Sanna, anche per l'introduzione all'incontro, e grazie alla ricercatrice Rosanna Morace per la sua analisi puntuale e appassionata di "Simone, le Castor. La costruzione di una morale", che ha stimolato una discussione molto partecipata con le tante persone presenti. Grazie a tutte e a tutti, infine, per le riflessioni e le belle domande: sono andata via con il desiderio di poter ritornare. Lunga vita a ResPublica!

 
 

19 marzo 2018

Paesaggio

Il sole è tramontato, ma la pianura non si spegne. Ricopre la campagna un pulviscolo dorato, poi l’oro impallidisce, la notte si avvicina pian piano, accendendo le stelle. Più tardi sorgerà la luna, e i gufi si lanceranno i loro richiami. Il viaggiatore, davanti a quello che sta vedendo, ha voglia di piangere. Forse prova pena per se stesso, dispiacere di non essere capace di esprimere a parole che cosa sia questo paesaggio. E dice solo questo: è la notte in cui il mondo può cominciare.
José Saramago, da Viaggio in Portogallo


16 marzo 2018

Play it again

Aveva scritto i versi di Álvaro Mutis ("da Il Gabbiere", mi raccomando, era uno preciso) in una mia vecchia moleskine, che è bello ritrovare, dopo anni, perché è subito sera d'estate, un chiaccherare fitto di bella tristezza ridanciana, che sembra sempre sperare in qualcosa, ma piccola. Anche soltanto in una canzone. Le canzoni vanno benissimo, amiamo le canzoni e le cantiamo (tu suona...). Canteremo ancora?

12 marzo 2018

Oceano

Ed arrivò un bambino con le mani in tasca
Ed un oceano verde dietro le spalle
Disse Vorrei sapere, quanto è grande il verde
Come è bello il mare, quanto dura una stanza
È troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male

11 marzo 2018

Una goccia di splendore


Io avevo un fratello immenso, che da qualche giorno non c'è più. Percorro le strade della sua quotidianità, qui a Roma, e sono tracce luminose, che attraversano il quartiere più popoloso della città, e mi portano ai luoghi degli "ultimi", quegli "ultimi" che erano la sua scelta di lavoro e di vita. La vita bellissima di mio fratello, segnata dallo splendore e dalla verità in ogni sua scelta. Io avevo un fratello immenso, e vorrei sentirmi degna del suo amore, che in questi giorni ritrovo sparso a piene mani, e che in tanti, a partire dai suoi splendidi figli Martina e Daniele, mi restituiscono intero. Lavoro, soccorso, ascolto, assistenza, conforto, solidarietà, gioia e felicità anche. Racconti di serate fatte di canzoni, di chitarre, di presenza, di un vivere autentico. E oggi che non c'è più non mi sento sicura di meritarmi il suo amore, la sua pazzesca e semplice generosità, che tutti ricordano tra le lacrime e i sorrisi, risa e tenerezza, profondo rimpianto. Testimonianze bellissime. Grazie anche di tutto questo, fratello caro, grazie per questi visi, per le lacrime e gli abbracci alla "sorella di A.", per queste strade, per questo quartiere. Grazie per essere stato con noi il tempo troppo breve di una vita, grazie di tutta la tua grande bellezza, avrei tanto voluto invecchiare insieme a te, A', che mi sei stato amico e fratello unico. Ti piango.

1 marzo 2018

Dialoghi oranesi

"Venerdì 9 febbraio 2018. È un giorno feriale da pomeriggio letterario. Al paese si arriva questa volta dalla strada di Nùoro, quella che – passando il valico di Corr’e boi – porta nell’Ogliàstra di Lanusei. La vetta di Gonàre è sempre lì. Belle campagne anche se fanno capire di essere assetate, querce secolari e roverelle, qualche agrifoglio con foglie verdissime e drupe che più rosse non si può. Cartelli con nomi belli di campagna e aziende agropastorali: Talèri, Baraùle, Istalài, Lòsore, Monte Nule, Ohto che era zona abitati dai prenuragici e dai nuragici. All’ingresso del paese l’insegna di Zichi Graniti, il cartello d’ingresso indica i gioielli del paese, le chiese di Gonàre, la torre pisana di Sant’Andrea, Sa Itria, San Giovanni, i santuari di San Giorgio, Sant’Elia e Santo Spirito, il galoppatoio comunale, tanti nomi di tanti nuraghi, le domus de janas di San Salvatore, le tombe dei giganti, la zona termale, il Museo Nivòla. Per le strade insegne di botteghe artigianali dove si lavora il ferro. Nei bar si parla del Carnevale, delle corse con i cavalli e dei costumi da usare. In tutti i bar: che si chiamano Tzillèri (ricordando il latino cellarium) ai nomi esterofili Charlìe bar e Snack bar, c’è anche il Millennium.
Al centro del paese, attaccata alla sartoria dei Mura, la “Casa Maninchedda”, casa padronale dell’Ottocento. Qui il pomeriggio letterario di Bastiana Madau propone il tema “Sguardo interno, sguardo esterno. Raccontar fole”. Tanta gente, c’è anche il sindaco. Madau parte da uno scrittore sardo, Sergio Atzeni (1952-1995) che poco apprezzava le fake news raccontate nei romanzi di scrittori europei che si erano occupati di Sardegna. In una lettera inedita inviata nel 1988 a Massimo Loche, allora direttore del quotidiano di Cagliari L’Unione Sarda, aveva scritto: «Caro Loche, acclusa troverai la follia – descrizione della vita sarda a cavallo fra Sette e Ottocento, quando altrove si facevano Rivoluzione industriale e Rivoluzione Francese – costruita usando soltanto scrittori non sardi: italiani, tedeschi, francesi, inglesi. I sardi del passato non raccontati da se stessi ma da un occhio esterno: un po’ perché a quel tempo da sé non si raccontavano – chi scriveva preferiva inventare storie giudicali – un po’ perché gli stranieri sono talvolta divertenti, un un po’ perché l’occhio esterno vede con più freddezza, con meno affetto. Naturalmente, quando gli stranieri hanno raccontato fole ho cercato di smontarle».
Il pubblico – in maggioranza donne – ascolta Madau con attenzione. Che parla di «scrittori, romanzieri e giornalisti come Honoré de Balzac, Elio Vittorini, Carlo Levi, David Herbert Lawrence (autore del capolavoro L’amante di Lady Chatterley ma anche il diario intitolato Mare e Sardegna). Abbiamo i resoconti di viaggio di Paul Valery, Massimo Bontempelli, Nino Savarese, Virgilio Lilli, di grandi linguisti come Max Leopold Wagner. Di letterati come Auguste Boullier. Di politici come Carlo Cattaneo ed Eugene Roissard De Bellet. Di antropologi come Paolo Mantegazza e Franco Cagnetta. Di un accademico dei Lincei, Maurice Le Lannou, uno dei più grandi geografi europei del secolo scorso che ci ha lasciato in particolare un’opera straordinaria intitolata Contadini e pastori di Sardegna, dove la geografia dell’isola viene letta come un libro di storia, per cui “l’inaccessibilità” spiega il perché la Sardegna sia storicamente defilata dai processi che hanno sconvolto il Mediterraneo». E racconta di Carlo Cattaneo che descrive la geologia della Sardegna senza averci mai messo piede.
Compaiono anche i classici. Con Cicerone che chiama i sardi “mastrucati ladruncoli”, domandandosi: «Dal momento che nulla di puro c’è stato in questa gente nemmeno all’origine, quanto dobbiamo pensare che si sia inacetita per tanti travasi»Per Dante, addirittura, nessun isolano è degno di stare in Paradiso, molti invece vengono collocati nell’Inferno – poiché i Sardi, fra tutti i Latini, «sembrano proprio gli unici a non disporre di un proprio volgare imitando la grammatica latina come le scimmie imitano gli uomini».
Tutti ascoltano con interesse. Bastiana Madau passa il microfono a un’attrice, Valentina Loche, che propone la lettura di diversi brani autentici. Eccone uno di Carlo Cattaneo che, è bene ricordarlo, mai era stato nell’Isola: «Il granito rosso del Monte Nieddo è sìmile all’egizio; il roseo dei Sette Fratelli a quello del Verbano; il grigio abonda nel Gocèano e nella Nurra; il pòrfiro trachìtico e le basaniti dànno màcine; il marmo ha belle varietà: il cipollino del Correbòi, il bardilio di Mandas, il nero di Flùmini Maggiore, la breccia d’Eglesia, il bianco zuccherino d’Ozieri, di Chirra, di Teulada. Abonda il gesso; e l‘alabastro veste le grotte di Porto Conte, Tiesi e Domus Novas. La Nurra fornisce schisto tegolare; sono frequenti le pozzolane, le pùmici, i tufi, le argille, il nitro, l’allume, il bolarmeno, le rocce magnesìfere, le terre coloranti; si raccòlgono diaspri, àgate, calcedonie, cornaline, ametiste e giadi. Negli stagni marìtimi abonda il sal commune, ed anche il solfato sòdico; nelli interni il carbonato. Molte fonti salutari dei tempi romani sono smarrite; ma si frequèntano le termali di Sàrdara e Fordungiano, le acidule di Codrungiano, le iodurate di Villacidro, le marziali di Benetutti, ove i bagnanti sono costretti a ripararsi in una chiesa, o sotto frascate, o all’ombra d’un fico gigantesco; così poca cura si ha d‘ogni util cosa».
Ci si rinfranca lo spirito ascoltando parlare di fotografi. Madau: «Abbiamo i repertori dei primissimi fotografi, che sono stati i dagherrotipisti itineranti francesi, di Delessért, di Ugo Pellis, dei fratelli Sella, di Henri Cartier-Bresson, Josip Ciganovic, Bruno Barbey, August Sanders, Thomas Ashby, Fausto Giaccone, Italo Zannier, Paolo di Paolo, Gianni Berengo Gardin, Adriano Mordenti, Tano D’Amico, Franco Pinna, Lisetta Carmi, Sebastiana Papa, Marianne Sin-Pfältzer». Poi si parla di scrittori sardi contemporanei, si annunciano i prossimi incontri: Luciano Marroccu, Omar Onnis, il giornalista Angelo Altea, il ricordo della criminologa Nereide Rudas. La serata a Casa Maninchedda finisce col tè caldo offerto in tazze di ceramica Old England.

Da Casa Manichedda al Museo dedicato a Costantino Nivòla, a mezza collina, sotto Gonàre. E si passa dagli artisti oranesi del passato a quelli contemporanei. Anche qui tanta gente anche se la serata è decisamente gelida. Voci di bambini e bambine. C’è l’inaugurazione della mostra “I’m bach” di Cristian Chironi…".
Dal lungo articolo di Giacomo Mameli intitolato "Orani nel cuore della Barbagia, dove il cuore batte meglio", in Dialoghi Mediterranei (periodico bimestrale), n. 30, marzo 2018.
Orani, febbraio e marzo 2018, pomeriggi letterari a Casa Maninchedda, a cura di Bastiana Madau. Organizzazione: Comune di Orani, in collaborazione con la Pro Loco.