Visualizzazione post con etichetta Wisława Szymborska. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Wisława Szymborska. Mostra tutti i post

4 febbraio 2016

In uno spazio non lirico e non retorico

Devo molto
a quelli che non amo.

Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore mai perdonerebbe.

Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi sui ogni atlante.

È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

"Non devo loro nulla" –
direbbe l'amore
sulla questione aperta.


— Wislawa Szymborska  
(trad. dal polacco di Pietro Marchesani)
 
Costantino Nivola, L'investigazione dello spazio

1 febbraio 2012

Addio a una svista

Ti sono sopravvissuta solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano. 
Wislawa Szymborska (2 luglio, 1923 - 1 febbraio 2012)

11 maggio 2010

Un pomeriggio a Villa Pamphilj


Wieslaw Walkuski


Wiktor Sadowski

"La Pologne? La Pologne? Dev'esserci un freddo terribile, vero?" mi ha chiesto, e ha tirato un sospiro di sollievo, infatti sono saltati fuori tanti di quei paesi che la cosa migliore è parlare del clima.
"Oh Signora" vorrei risponderle "i poeti del mio paese scrivono in guanti.
Non dico che non se li tolgano mai; quando la luna scalda allora sì. In strofe composte di grida tonanti, perché solo questo penetra attraverso il mugghio della tempesta, cantano l'esistenza semplice dei pastori di foche.
I classici incidono con ghiaccioli d'inchiostro su cumuli di neve. Gli altri, i decadenti, piangono sul destino con stelline di neve. Chi si vuole annegare deve avere una scure per fare un buco nel ghiaccio.
Oh, Signora, mia cara signora!"

È così che vorrei risponderle.
Ma ho dimenticato come si dice foca in francese.
Non sono sicura del ghiacciolo e del buco nel ghiaccio.
"La Pologne? La Pologne? Dev'esserci un freddo terribile, vero?"
"Pas du tout" rispondo glacialmente.

Wisława Szymborska, Piccole cose (1962); traduzione di Pietro Marchesani

Rafal Olbinski
* Curioso staccarsi per un momento dal gruppo degli amici sdraiati al sole dopo un festoso pic-nic ed entrare in uno spazio abitato da immagini inattese. Parlo della mostra di manifesti del teatro polacco beccata ieri pomeriggio alla Casa dei Teatri di Villa Pamphilj, oltremodo sorprendente per il mio casuale passaggio nei paraggi. Così di questa emozione, mettialola così, ho voluto lasciare una sintesi, mentre quella del pic-nic (festeggiavamo il compleanno di Vittoria) è racchiusa nella battuta: "Il mirto di Simonetta sposta dall'ombra le panchine."

1 ottobre 2009

Uscita dal cinema

Luccicavano di sogni sulla tela bianca.
Due ore di scaglie lunari.
C'era l'amore su una triste melodia
c'era il ritorno felice dal vagare.


Il mondo dopo una fiaba è bruma.
Con visi e ruoli incolti.
La ragazza le sue pene intona
e il soldato quelle del partigiano.


Torno a voi, nel mondo vero,
colmo di fato, fitto e fosco –
ragazzo monco sotto il portone,
ragazza dagli occhi vani.

Wisława SzymborskaDiscorso all'ufficio oggetti smarriti. Poesie 1945-2004; traduzione dal polacco di Pietro Marchesani, Adelphi, Milano 2004, p.16