Il granito rosso del Monte Nieddo è sìmile all’egizio; il roseo dei Sette Fratelli a quello del Verbano; il grigio abonda nel Gocèano e nella Nurra; il pòrfiro trachìtico e le basaniti dànno màcine; il marmo ha belle varietà: il cipollino del Correbòi, il bardilio di Mandas, il nero di Flùmini Maggiore, la breccia d’Eglesia, il bianco zuccherino d’Ozieri, di Chirra, di Teulada. Abonda il gesso; e l‘alabastro veste le grotte di Porto Conte, Tiesi e Domus Novas. La Nurra fornisce schisto tegolare; sono frequenti le pozzolane, le pùmici, i tufi, le argille, il nitro, l’allume, il bolarmeno, le rocce magnesìfere, le terre coloranti; si raccòlgono diaspri, àgate, calcedonie, cornaline, ametiste e giadi. Negli stagni marìtimi abonda il sal commune, ed anche il solfato sòdico; nelli interni il carbonato. Molte fonti salutari dei tempi romani sono smarrite; ma si frequèntano le termali di Sàrdara e Fordungiano, le acidule di Codrungiano, le iodurate di Villacidro, le marziali di Benetutti, ove i bagnanti sono costretti a ripararsi in una chiesa, o sotto frascate, o all’ombra d’un fico gigantesco; così poca cura si ha d‘ogni util cosa.
Carlo Cattaneo, in: Alcuni scritti del Dottor Carlo Cattaneo, Borroni e Scotti, Milano 1846, p. 220.
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