11 settembre 2010

La scuola pubblica sta morendo

Bella, prof! Pimpami la storia.
Caparezza

FATICA: Lo diceva anche lo spagnolo – palloso al limite del sostenibile – che per conoscere bisogna faticare e non poco. Invece siamo viziati, abituati ad "avere" (?) tutto a portata di mano, a disposizione, facilmente "condivisibile" senza dipendere da un previo sforzo, trovando "il sole in alto senza essercelo caricato sulle spalle".* 
Da questo punto di vista i social network sono micidiali, rafforzando in modo inquantificabile l'automatismo della pseudo condivisione.
Si prende e si porta a casa e spesso senza neppure dire grazie. D'altra parte chi ringraziare se non si conosce neppure da dove è partito il "dono", com'è stato confezionato e perché?
Tutto è a disposizione, a portata di tutti, come l'aria. E l'aria è ciò che chiamiamo naturale, come le patate (?), appunto, che sono uguali e identiche in tutto il mondo.
Per capire ci vuole tempo, e nella panna planetaria dell'informazione che monta vertiginosamente in rete devi attivare la funzione "distruzione" per poter isolare quello che TI SERVE davvero. Questo lo chiariva molto bene Luigi Crocetti, uno dei padri della biblioteconomia italiana, a proposito della classificazione e reperibilità dei documenti, in tempi in cui si è temuta la morte del libro (e dei cataloghi). Vabbè.
* Josè Ortega y Gasset, La ribellione delle massetraduzione di Salvatore Battaglia, Il Mulino, Bologna 1962.

ORIGINALITA': Non si può dire niente di originale se non si conoscono le origini da cui partire per la rielaborazione, rassegnamoci. Tutto diventa come le patate dei MacDonald's (a proposito: lunga vita a Mc Puddu!).

STORIELLA: Un prof ginnasiale, memorabile non fosse altro perchè era l'unico che all'epoca (era la fine dei '70) ci vietava di fumare in classe, non sorrideva mai, di ridere non se ne parlava nemmeno. Ma in un'indimenticabile mattina di neve, leggendo ad alta voce Le rane di Aristofane si stese a braccia aperte sulla cattedra per il gran ridere. E noi con lui. E a un certo punto non si capiva più se stavamo ridendo o piangendo tanto forti erano le convulsioni. Questo post è dedicato a lui.


Jacques Tati, Playtime, 1967

1 commento:

danmatt65 ha detto...

Riflessioni su cui riflettere, se mi passi l'orrendo gioco di parole.
Ogni tanto mi sento in "colpa".
Dan the Bruto