Anche dopo aver rivolto richieste di aiuto in arabo corretto, non c’era nessuno che rispondesse. I proiettili prorompevano aumentando in velocità e intensità. I colori si confondevano.
Mia madre aveva detto: – Bisogna togliere il bucato dal terrazzo.
Mio padre aveva risposto: – Adesso pensi al bucato?
– Il bucato farà loro bombardare la casa.
– La bombarderanno comunque. Con o senza bucato. È una guerra.
– Non è guerra. Ammazzano le persone e basta. Tra un po’ si annoieranno, anche i soldati s’annoiano, e allora bombarderanno la corda del bucato.
Nessuno rispondeva.
«Masse del nostro popolo arabo! Il massacro che oggi si compie…».
Il campo profughi, i suoi terrazzi, le piazze, i vicoli erano diventati un campo di tiro. Il vento carico dell’odore della polvere da sparo soffiava da ogni lato.
Quando lo stretto rifugio aveva vibrato con chi c’era dentro, avevamo detto: – È un cannone Hautzer.
Il padre dei piccoli, mentre stringeva a sé i figli e nascondeva la paura che aveva per loro, aveva commentato: – Tre giorni sono sufficienti a trasformare tutti in esperti di armi.
Non siamo esperti di viaggi. Li avevamo dimenticati. Avevano chiuso il paese con noi dentro, ma inaspettatamente l’hanno riaperto, così all’improvviso come l’avevano chiuso.
Hanno detto: – Viaggiate a sazietà!
Dice l’altro: – Dovevamo proprio viaggiare?
– Avevamo bisogno di un miracolo, di una cosa meravigliosa, dell’ottava meraviglia, anzi della nona. L’ottava siamo noi! Avevamo bisogno di un miracolo. Una grande realizzazione equivale a un miracolo.
Abbiamo diritto di vedere realizzato un miracolo non immerso nel sangue.
Ibrahim Nasrallah, Dentro la notte, traduzione dall'arabo di Wasim Dahmash, Ilisso, Nuoro 2004, p.10.
Ibrahim Nasrallah è nato nel 1954 in un campo profughi in Giordania e vive ad Hamman. Poeta e scrittore, ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ‘Aways” per la poesia nel 1997. Nella sua vasta produzione si annoverano romanzi, libri per ragazzi, saggi e, soprattutto, raccolte di poesie.
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