Passava un giorno. Poi un altro. E un altro ancora. La miseria rendeva triste la gente di Dar-Sbitar. Da Aini, stavano com’erano sempre stati. C’era solo un po’ più di miseria. I bambini si reggevano un po’ meno solidamente sulle gambe. I volti, a casa, si scavavano, diventavano più grigi. Gli occhi di tutti, costantemente dilatati, avevano un lampo febbricitante. Eppure, cosa straordinaria, in città Omar incrociava esseri sorridenti, che stavano bene, sazi. Gioiosi nella disgrazia, nell’indigenza generale. Dovevano sicuramente scambiarsi delle occhiate tra loro quando nessuno li sorvegliava...
Mohammed Dib, La casa grande, traduzione di Gaia Amaducci, Epoché, Milano 2004, p. 133.
Grazie a Claire del bucato steso al sole.
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