«"Emigro. Vado a cercare lavoro."
"Cosa sai fare?"
"… nulla."
"Almeno sei onesto. Ma non sei buono neppure come operaio. Troppo magro. Scheletrico, non si vede un muscolo. Scommetto che soffri spesso di diarrea, tutti noi magri soffriamo spesso di diarrea, ma ci sono magri utili e magri da mandare al macello, per quello che servono alla società. Non ti ci vedo a spalare carbone in Belgio. Diventerai uno spacciatore piagnucolante in qualche locale equivoco di Amsterdam o di Barcellona, finché ti troveranno con una siringa in un braccio, in un vicolo, su un sacco della spazzatura, stecchito."
"Le auguro di aver torto."
"Non mi credi profeta?"
"Non ho motivi di dubbio ma non posso neppure giurarci."
"Ho previsto la caduta del dollaro con sei mesi di anticipo, nell'86, fossi stato ricco mi sarei arricchito ancora, invece così con quello che ho guadagnato mi son fatto la casa a Nettuno per quando vado in pensione. Quattro bagni. Avrò quattro bagni, da vecchio. Quasi come in nave. Ho previsto la vittoria del Torino nel derby e ho fatto tredici, una volta, molti anni fa, mi sono comprato la lavatrice nuova e ho ripianellato la casa dove abito, se ti ci vedo bazzicare attorno giuro che ti lancio i doberman. Sono un ottimo profeta, ci azzecco quasi sempre. Tu è quasi un miracolo che stai in piedi, forse non arriverai neppure ad Amsterdam, ti conviene confessare e farti qualche annetto di galera, mangi e bevi a spese dello Stato, ti rimetti fisicamente, fai un po' di pettorali, se diventi onesto potrai andare a spalare carbone in Belgio. E potresti pure guadagnarci: mettiamo il caso che tu conosca qualche famoso uomo politico o magnate di quella vostra isola di merda, tuo amico di stravizi, allora staresti a cavallo, un buon pentimento con chiamata in correo vale un pacchetto di dollari e una galera dolce dolce e breve ch'è quasi un albergo."
"Mi dia il tempo di commettere un reato e penso alla sua offerta."
"Formale berbenista, chi cazzo ti credi di essere soltanto perché non ho prove? Se mi rompi i coglioni trovo le prove e ti mando a sudare a Rebibbia."
"Perché?"
"Ricorda quello che ti dico: un passo falso, uno solo e finisci male. Ti conosciamo e ci siamo rotti i coglioni di gente come te."
"Chi?"
"Noi. La legge. E che minchia sono i trimpanus?"
"Tamburi di pelle di cane morto d'inedia, molto antichi."
"Mi vuoi sfottere, a me?"
Ruggero si sente preso per lo zaino e sollevato in alto, agita le gambe a vuoto, Una forza lo solleva e lo porta fino a una panca dove lo lascia cadere come un sacco di letame.
Ruggero tremante fa fatica a sollevarsi.
Il mare è pacato, quasi senza onde. Il comandante è sparito. Non c'è più nessuno. Sul ponte di comando hanno spento i fari. Ed è buio nel buio.
Silenzio. Il ronfare della nave fa parte della notte, non si sente più.
Il respiro di Ruggero Gunale si allunga. Bagliori ogni tanto dietro le palpebre.»
Sergio Atzeni, Il quinto passo è l'addio, Arnoldo Mondadori, Milano 1995, pp. 159-161.