Il mio Edgar Allan Poe di quand'ero piccola si chiamava Nannina: era una giovane donna di Fonni, che nel 1968 passò l'estate a O. per accudire una anziana parente, nostra vicina di casa. La ricordo bene in quelle lunghe notti di luglio, seduta nel grande cortile fra le ortensie, mentre inchiodava noi bambine e bambini, seduti per terra intorno al suo mesicheddu (sgabello di sughero), con magnifici contos de mortu...
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Cuddos contos in estiu .... e comunque, in quelle calde sere d'estate, quelle storie da brivido ci catturavano, popolando le nostre notti e i nostri sogni .... belle quelle sere d'estate!!
m chiedo se si usi ancora prendere "il fresco" davanti alle case nelle sere estive, porte e finestre spalancate a far entrare umori, odori e racconti. O se ci si chiuda dentro le proprie stanze, ognuno con il proprio tv acceso. Una finestra sul mondo anziche una finestra sul cortile.
Molto meno di una volta, Trippi, come puoi ben immaginare. Almeno nel mio borgo natio, dove (purtroppo) non vivo più. E non c'entra nulla la nostalgia, che semmai è di un futuro che non è mai arrivato se non in questo modo, appunto: spazzando via anche quel che invece si sarebbe dovuto portare dentro l'arca. Alcuna nostalgia, dunque! È solo che avere paura insieme era proprio bello… :)
Bello...!!!
Scenario suggestivo e avere una figura che, per fantasia narrativa, ricorda i racconti di Edgar Allan Poe, non è male!!!!!
Bello...!!!
Scenario suggestivo e avere una figura che, per fantasia narrativa, ricorda i racconti di Edgar Allan Poe, non è male!!!!!
Posta un commento