E fu così che i ragazzi-fantasma attraversarono la valle e precipitarono nell'abisso. Un transito breve. E il loro canto-fantasma o l'eco del loro canto-fantasma, che è come dire l'eco del nulla, nelle mie orecchie continuò a marciare al loro stesso passo, che era il passo del coraggio e della generosità. Una canzone appena percettibile, un canto di guerra e d'amore, perché non c'è dubbio che i bambini andassero in guerra ma lo facevano richiamando i comportamenti teatrali e sovrani dell'amore.
Ma che razza di amore potevano aver conosciuto? pensai quando la valle restò deserta e il loro canto era l'unica cosa che ancora risuonava nelle mie orecchie. L'amore per i loro genitori, l'amore per i loro cani e i loro gatti, l'amore per i loro giocattoli, ma soprattutto l'amore che sentivano l'uno per l'altro, il desiderio, il piacere.
E anche se quel canto che avevo ascoltato parlava di guerra, delle imprese eroiche di un'intera generazione di giovani latino-americani immolati, io sapevo che sopra ogni altra cosa, parlava del coraggio e degli specchi, del desiderio e del piacere.
E quel canto è il nostro amuleto.
Roberto Bolaño, Amuleto, traduzione di Pierpaolo Marchetti, Mondadori, Milano 2001*, p. 142.
*Edizione ormai introvabile, ma se vuoi cercarlo, il romanzo è stato ritradotto da Ilide Carmignani per Adelphi, ed è uscito in libreria proprio in questi giorni.
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