Kon ovla so mutavia
kon ovla?
Ovla kon ascovi.
Me gava palan ladi,
me gava
palan bura ot croiuti.
Chi sarà a raccontare
chi sarà?
Sarà chi rimane.
Io seguirò questo migrare,
seguirò
questa corrente di ali.
Condivido le parole con cui Altamante evoca oggi Saramago nella sua pagina facebook, e voglio conservarle in parte qui, prima che scompaiano.
"Personalmente, se ripenso a Saramago e ai suoi romanzi, vengo sorpreso da un'immagine di uomini in cammino. Tantissimi, insieme, chi a piedi, chi su un carro. Non si conoscono, prima di incamminarsi, si conosceranno camminando insieme. Le moltitudini in viaggio sono presenti in tutti o quasi i suoi romanzi storici. ... Nell'immagine mi si confondono gli operai che andranno a costruire il convento di Mafra, i pellegrini di Fatima tra i quali Ricardo Reis, Giuseppe e Maria incinta che vanno a Betlemme per il censimento. … Viaggi a volte simili a deportazioni (e il pensiero va a I quaranta giorni del Mussa Dagh), ma sempre illuminati da un affiorare involontario e incontrollato di umanità.
Il viaggio è distanza (sia detto con perspicacia). Quando Hans Castorp sale sulla montagna magica dove il cugino Joachim è ricoverato, si stupisce di come lo spazio generi effetti di oblio che siamo soliti attribuire al tempo, e al tempo solo. I personaggi, anzi gli uomini, di Saramago, rappresentano quegli effetti modificandosi insieme alla storia, anche quando, come nel caso di Ricardo Reis, vogliono difendere il loro spazio, immergendosi in una trincea psicologica. Gli uomini di Saramago sono mobili e continuamente riplasmati dalla storia e dalla loro interazione con la storia. I loro viaggi sono la nostalgia che gli uomini della fine del ventesimo secolo provano, obbligatoriamente, per il viaggio. Infatti, degli uomini di Saramago nessuno viaggia per viaggiare, tutti viaggiano per necessità. Ma nei loro cammini avvertiamo ancora, forse per l'ultima volta, come le cause e gli effetti possano confondersi, e come la necessità che spinge a viaggiare possa essere solo, forse, e ancora, quella del viaggio."
"Personalmente, se ripenso a Saramago e ai suoi romanzi, vengo sorpreso da un'immagine di uomini in cammino. Tantissimi, insieme, chi a piedi, chi su un carro. Non si conoscono, prima di incamminarsi, si conosceranno camminando insieme. Le moltitudini in viaggio sono presenti in tutti o quasi i suoi romanzi storici. ... Nell'immagine mi si confondono gli operai che andranno a costruire il convento di Mafra, i pellegrini di Fatima tra i quali Ricardo Reis, Giuseppe e Maria incinta che vanno a Betlemme per il censimento. … Viaggi a volte simili a deportazioni (e il pensiero va a I quaranta giorni del Mussa Dagh), ma sempre illuminati da un affiorare involontario e incontrollato di umanità.
Il viaggio è distanza (sia detto con perspicacia). Quando Hans Castorp sale sulla montagna magica dove il cugino Joachim è ricoverato, si stupisce di come lo spazio generi effetti di oblio che siamo soliti attribuire al tempo, e al tempo solo. I personaggi, anzi gli uomini, di Saramago, rappresentano quegli effetti modificandosi insieme alla storia, anche quando, come nel caso di Ricardo Reis, vogliono difendere il loro spazio, immergendosi in una trincea psicologica. Gli uomini di Saramago sono mobili e continuamente riplasmati dalla storia e dalla loro interazione con la storia. I loro viaggi sono la nostalgia che gli uomini della fine del ventesimo secolo provano, obbligatoriamente, per il viaggio. Infatti, degli uomini di Saramago nessuno viaggia per viaggiare, tutti viaggiano per necessità. Ma nei loro cammini avvertiamo ancora, forse per l'ultima volta, come le cause e gli effetti possano confondersi, e come la necessità che spinge a viaggiare possa essere solo, forse, e ancora, quella del viaggio."
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