Musica e
pensiero, oltre le gabbie etnocentriche che imbrigliano l’arte, le
terre e l’abitare il mondo; una musica non "etnica", bensì – con provocazione
fonetica e filosofica lieve – "etica", in simpatia con i popoli stanziali o
erranti del pianeta. Così la costa della terra immaginta da Alberto Cabiddu e i Fortun de Serau nell'ottimo cd Ethic music from Sardistan diventa un luogo i cui confini sono accarezzati da un raffinato linguaggio musicale sospeso fra memoria e
sogno.
I
temi dei 14 brani sono quelli del viaggio e della nostalgia, della
passione e della ricerca di sè, dell'attraversamento di
labirinti fortunati ed estatici, della percezione del mistero
dell’amore, dell'umanità sospesa tra arrivo e partenza. Al ritmo della
kalimba e degli udu drums accompagnati dal violoncello, dalla chitarra,
dall’harmonium, dalla melodica, dalle launeddas e benas, si alza
ipnotica la voce di Cabiddu, che da canto solo si sdoppia,
rimandando al collettivo dei canti barbaricini e a diverse, ritmiche
coralità al confine tra Sardegna e Maghreb, Caucaso e Asia centrale, con
citazioni di Astor Piazzolla.
Il progetto della formazione Fortun de Sarau
si snoda con un primo canto tradizionale sardo, Andimironnai,
che già rivela una spinta creativa potente, sfociando in
un folklore immaginifico e bizzarro, in una babele di idiomi sonori e musicali che nei modi e nei ritmi evocano la cultura millenaria a cui appartiene anche la tradizione dell'isola: nella danza, nel canto
corale e persino nelle "note" delle onde marine, dei venti, degli aerofoni
palustri.
Le
musiche del repertorio tradizionale, sia riarrangiate e sia originali,
sono di Alberto Cabiddu, che propone composizioni in cui anche la rielaborazione dei motivi sardi arcaici evita quell'inciampo che a
volte si coglie nelle sperimentazioni e sfocia, invece, in un
linguaggio di grande nitidezza. Quasi tutti i testi delle canzoni sono
in sardo: le strofe amorose di Andimironnai a Passu Torrau, In Ora Mala; la bellissima Cantu cuadu; S’Arredu, Dilliri, Su Faddidorgiu, In Bonora. In altre diverse lingue i brani Tauron de Furas, il celebre cantico Santa Maria strela dò Dia, Mariama Nega; mentre in Sid Yhs’Ag sa’Ahdorah
– che parla di un libro sacro e del miracolo del ridere – siamo di
fronte a una lingua sconosciuta, che vorrebbe, forse, evocare il sabir, la lingua franca che si sviluppò nel Mediterraneo orientale sul finire
del Medioevo per mettere in contatto i tanti parlanti di estrazione
diversa, le cui rotte commerciali e sapienziali s’incrociavano nel Mare
Bianco (così chiamavano il Medterraneo le popolazioni arabe).
I Fortun de Sarau, dunque, sono: Alberto Cabiddu (voce,
kalimba, udu, riq, percussioni, harmonium), Carlo Cabiddu (chitarra e
voce), Gianluca Pischedda (violoncello e voce), Massimo Cau (armonium,
benas, melodica e voce), Alessandro Garau (batteria e percussioni). Il
cd contiene anche 8 stampe illustrate dal pittore cagliaritano Giorgio Polo ed è prodotto
da Gianni Menicucci per Tajrà, un'etichetta indipendente che si è già caratterizzata come un laboratorio di ricerca: tra le sue produzioni nate dall’incontro di musica, letteratura e poesia orale, sono memorabili gli
album Tajrà, la voce creativa e Tajrà, la voce della memoria, contenenti, tra gli altri brani, un Duru duru bittese per la preziosa voce di Tomasella Calvisi, un'imponente Sa Pastorina di Su Concordu Lussurzesu, l'ironica Pibere in sambene del coro polifonico femminile di Fonni Su Veranu, la bella voce di Paola Giua in Cant dels occels, rielaborazione di un classico corso di Iskeliu, ensemble fondato dal colto musicista e ricercatore tempiese
Sandro Fresi, la voce ormai di repertorio di Maria Multineddu, classe 1910, cantante e chitarrista di Tempio Pausania scomparsa a 90 anni, interprete
impareggiabile di antichi moduli come la "graminatogghja", un'artista che ancora oggi incanta gli
appassionati del cantu a chiterra. (Bastiana Madau)
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