La lezione morale di Joyce Lussu, una vita spesa per la libertà
                                                                          Quando pensiamo alla nostra  Costituzione, all'Italia libera e democratica nata sulle ceneri del  fascismo e della seconda guerra mondiale, non abbiamo esitazioni nel  chiamare «padri della patria» coloro ai quali dobbiamo questa conquista.  Eppure questa definizione mostra, pur nella sua verità inconfutabile,  un vizio d'origine, una piccola bugia che è sia di forma sia di  sostanza. Perché sono figure straordinarie come Joyce Lussu a ricordarci  che l'Italia ha anche delle «madri della patria», e mostrarci come il  nostro debito di riconoscenza vada aggiornato a partire da una semplice  espressione, e non solo in nome della correttezza politica o  dell'approssimarsi dell'8 marzo, Giornata mondiale della donna.  Questa è  la riflessione che restituisce, almeno a chi scrive, il documentario  «Portrait di Joyce Lussu», video-intervista che il regista Marco  Bellocchio realizzò insieme con Daniela Ceselli nel 1994, quattro anni  prima della morte della compagna di vita di Emilio Lussu. Un filmato di  quaranta minuti in cui Joyce, al secolo Gioconda Beatrice Salvadori  Paleotti, rievoca i momenti salienti della propria esistenza,  dall'infanzia a Firenze alla Resistenza, dall'incontro con il fondatore  del Partito Sardo d'Azione all'impegno politico continuato nel  dopoguerra. Un documento straordinario che inspiegabilmente è rimasto  nel cassetto per oltre quindici anni, e che è stato montato solo nel  2009 dalla Cineteca di Bologna. Fatto ancora più insolito, il filmato  era inedito – se si esclude un'anteprima a Bologna per addetti ai lavori – sino all'incontro svoltosi venerdì a Nuoro in omaggio a Joyce Lussu.  Scelta come simbolo della Giornata della donna, martedì 8 marzo, da  Francesca Barracciu, consigliere regionale del Pd, e dal gruppo del suo  partito, organizzatori dell'evento all'auditorium dell'Istituto  etnografico, seguito da un pubblico numeroso (dove però spiccava,  purtroppo, l'assenza di giovani).  Nel documentario Joyce Lussu risponde  alle domande del regista con la vitalità e la determinazione che le erano  proprie, con giudizi netti e per nulla retorici su argomenti chiave  della storia più o meno recente del Paese. Il suo noto anticlericalismo,  per esempio, viene fuori in più occasioni, come quando contesta l'uso  da parte del regista del termine «sacrificio» a proposito  dell'esperienza partigiana: «Non ho sacrificato nulla della mia vita – dice con forza Joyce Lussu – ma ho solo fatto scelte in piena  consapevolezza». Nettissimo, fra gli altri, il giudizio sul terrorismo  delle Br. Bellocchio, che in seguito girerà il film «Buongiorno, notte»  sul sequestro Moro, è particolarmente incalzante sull'argomento, dà  l'impressione di voler suggerire a Joyce Lussu una qualche continuità, o  un'analogia – almeno in linea teorica – tra le motivazioni all'origine  della lotta partigiana e quelle dei brigatisti. «Una manica di  imbecilli», risponde con irritazione la donna, «guidati, che ne fossero  consapevoli o meno, dai servizi segreti».  Al termine della proiezione,  il dibattito coordinato da Bastiana Madau, editor dell'Ilisso, ha  offerto testimonianze preziose. Dopo l'intervento del consigliere  regionale del Pd Giuseppe Luigi Cucca, la scrittrice Silvia Ballestra,  autrice del libro «Joyce Lussu - Una donna contro», ne ha ricordato  l'attività di scrittrice e traduttrice (a lei si deve il lancio  internazionale del poeta turco Nazim Hikmet), l'impegno per la parità di  diritti fra uomini e donne, o per l'ecologia a partire dalla difesa  dell'acqua come bene comune. E poi il rapporto con la Sardegna,  attraverso i ricordi della storica Maria Rosa Cardia, di Giovanni Moro  (fondatore del Circolo culturale di Orgosolo nel Sessantotto), di  Peppino Goddi e Giovanni Antonio Mattu, che condivisero con lei e con  Emilio Lussu l'impegno nel Psiup.
 
 

 

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