«Quando il Baal Schem, il fondatore dello chassidismo, doveva assolvere un compito difficile, andava in un certo posto nel bosco, accendeva un fuoco, diceva le preghiere e ciò che voleva si realizzava. Quando, una generazione dopo, il Maggid di Meseritsch si trovò di fronte allo stesso problema, si recò in quel posto nel bosco e disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco, ma possiamo dire le preghiere” – e tutto avvenne secondo il suo desiderio. Ancora una generazione dopo, Rabbi Mosche Leib di Sassov si trovò nella stessa situazione, andò nel bosco e disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco, non sappiamo più dire le preghiere, ma conosciamo il posto nel bosco, e questo deve bastare”. E infatti bastò. Ma quando un’altra generazione trascorse e Rabbi Israel di Rischin dovette anch'egli misurarsi con la stessa difficoltà, restò nel suo castello, si mise a sedere sulla sua sedia dorata e disse: “Non sappiamo più accendere il fuoco, non siamo capaci di recitare le preghiere e non conosciamo nemmeno il posto nel bosco: ma di tutto questo possiamo raccontare la storia”. E, ancora una volta, questo bastò.»
Gershom Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, trad. it. di G. Russo, Einaudi, Torino 1993, p. 353.
La citazione, in realtà, è la quarta acqua del bollito: l'ho trovata nelle prime pagine di un bellissimo saggio di Giorgio Agamben, Il fuoco e il racconto (Nottetempo, 2014), in cui il filosofo invita a leggere il conciso e perfetto racconto chassidico come un'allegoria della letteratura. Ma come ogni narrazione mistica che si rispetti, a me sembra che possa toccare anche altri registri, infatti lo conservo qui, perché sicuramente mi tornerà in mente per altri mumble.
Letizia Battaglia - Pasolini |
1 commento:
Non finisce mai di bollire...
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