23 gennaio 2016

Between the words

Bianconiglio: Uh, poffare poffarissimo! È tardi! È tardi! È tardi!
Alice: Questo sì che è buffo. Perché mai dovrebbe essere tardi per un coniglio? Mi scusi? Signore!
Bianconiglio: Macché! Macché! Non aspettano che me! In ritardo sono già! Non mi posso trattenere!
Alice: Dev’essere qualcosa di importante. Forse un ricevimento. Signor Bianconiglio! Aspetti!
Bianconiglio: Oh, no, no, no, no, no, no! È tardi! È tardi, sai? Io sono già in mezzo ai guai! Neppure posso dirti “ciao”: ho fretta! Ho fretta, sai?
Lewis Carroll, Alice nel Paese delle meraviglie

C'è chi dice di non leggere perché – classicamente non ha tempo. Così, in quest'ultimo periodo, a proposito di battaglie combattute per incrementare la lettura di libri, abbiamo assistito all'annoso dibattito sull'opportunità e l'efficacia della riduzione dei capolavori della letteratura mondiale e non solo (come attualmente sta facendo un editore nostrano, editando una serie che "distilla" alcuni fra i bestseller più venduti nell’ultimo decennio; un noir di Larsson, ad esempio, passa da 600 a 240 pagine). Ma così, ancora, non stiamo affrontando il problema alla radice, eh: nei famosi "tempi come questi" perché affidarsi ancora ai bignamini? Mettiamo tutto nelle mani di Nicholas Rougeux e non parliamone più.
Nicholas Rougeaux, Between the words

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