"La storia appartiene ... in secondo luogo a colui che sa conservare e venerare, a colui che considera con amorosa fedeltà le sue origini, il mondo da cui è nato; con questo amore egli paga il suo debito di riconoscenza verso la vita. Curando con mano delicata ciò che l'antichità ci tramanda, egli vuole conservare immutate le condizioni in cui è nato per coloro che verranno dopo di lui, e in questo modo egli paga il suo debito verso la vita. Un'anima simile, piuttosto che proprietaria, sarà proprietaria del patrimonio degli avi. Ciò che è piccolo, limitato, tutto ciò che è invecchiato e decrepito trae la sua dignità e inviolabilità dal fatto che l'anima conservatrice e veneratrice dell'uomo antiquario si trasferisce in quegli oggetti e se ne fa un intimo nido. La storia della sua città diventa per lui la sua storia; quelle mura, quella porta turrita, le ordinanze municipali, le feste popolari, sono per lui come un diario illustrato della sua giovinezza e in tutto questo egli trova se stesso, la sua forza, la sua energia, le sue gioie, le sue opinioni, e anche la sua follia e i suoi disordini. Qui si vive, egli dice, perché si è vissuti in passato; qui continueremo a vivere perché noi siamo tenaci, e non ci possono sradicare in una notte...".
Friedrich Nietzsche, Considerazioni sulla storia, traduzione di Lia Pinna-Pintor, Torino, Einaudi 1943, pp. 27-28.
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