11 maggio 2010

Un pomeriggio a Villa Pamphilj


Wieslaw Walkuski


Wiktor Sadowski

"La Pologne? La Pologne? Dev'esserci un freddo terribile, vero?" mi ha chiesto, e ha tirato un sospiro di sollievo, infatti sono saltati fuori tanti di quei paesi che la cosa migliore è parlare del clima.
"Oh Signora" vorrei risponderle "i poeti del mio paese scrivono in guanti.
Non dico che non se li tolgano mai; quando la luna scalda allora sì. In strofe composte di grida tonanti, perché solo questo penetra attraverso il mugghio della tempesta, cantano l'esistenza semplice dei pastori di foche.
I classici incidono con ghiaccioli d'inchiostro su cumuli di neve. Gli altri, i decadenti, piangono sul destino con stelline di neve. Chi si vuole annegare deve avere una scure per fare un buco nel ghiaccio.
Oh, Signora, mia cara signora!"

È così che vorrei risponderle.
Ma ho dimenticato come si dice foca in francese.
Non sono sicura del ghiacciolo e del buco nel ghiaccio.
"La Pologne? La Pologne? Dev'esserci un freddo terribile, vero?"
"Pas du tout" rispondo glacialmente.

Wisława Szymborska, Piccole cose (1962); traduzione di Pietro Marchesani

Rafal Olbinski
* Curioso staccarsi per un momento dal gruppo degli amici sdraiati al sole dopo un festoso pic-nic ed entrare in uno spazio abitato da immagini inattese. Parlo della mostra di manifesti del teatro polacco beccata ieri pomeriggio alla Casa dei Teatri di Villa Pamphilj, oltremodo sorprendente per il mio casuale passaggio nei paraggi. Così di questa emozione, mettialola così, ho voluto lasciare una sintesi, mentre quella del pic-nic (festeggiavamo il compleanno di Vittoria) è racchiusa nella battuta: "Il mirto di Simonetta sposta dall'ombra le panchine."

2 commenti:

bianca ha detto...

I manifesti del teatro polacco non sono "buonisti" (per dirla con un brutto neologismo): la loro estetica è sempre un po' disturbante, la loro forza espressiva piena d'irrequietezza. Nella mostra vi sono anche diversi allestimenti dove ricompare l'uso di oggetti pertinenti il mondo dell'infnzia (pupazzi, giocattoli), filtrati dall'occhio freddo dell'adulto, particolarmente efficaci nel riportarci non solo alla crudeltà istintiva dei bambini ma anche e soprattutto a quella dell'uomo senza innocenza. Così la poesia che emana la straordinaria grafica di questi artisti non è affatto rassicurante, giustamente: racconta di un paese con un passato complesso e tragico, con una cultura forte, ostinata e affascinante. Voglio ricordare in particolare un dei manifesti che più mi è piaciuto: è Wieslaw Walkuski, ritrae un ebreo che suona un violino fatto con due tizzoni accesi.

bianca ha detto...

P.S.: Ho postato alcune tra le opere più soft della mostra. Ce n'erano di veramente forti, bellissime, tragicamete ironiche; una per tutte: una bistecca a forma di volto umano, che rubava la scena – o lo sguardo – in quella sorta di sorta di "stanza del potere". Ma allontanandosi dalla contemplazione ravvicinata – ai limiti del sostenibile, almeno per me – vedevi i colori prevalere sui dettagli, e il colore trionfare. Così anche la bistecca appariva solo rossa, e faceva sorridere.