9 novembre 2009

Dialoghetto nascarese



– Di che parla il libro che stai leggendo?

È la storia di due amiche che si ritrovano improvvisamente imprigionate a Berlino est e non possono più frequentare il liceo, rimasto dall'altra parte della città…
– A che punto sei arrivata?
– Capitolo dodici, quando con un calcio lanciano dall'altra parte un pallone dove con un pennarello hanno scritto: "Un giorno tanti calci come quello che mi ha portato sin qua abbatteranno questo stupido muro".
– …
– A cosa pensi mà?

L'ascoltavo pensando al futuro, che almeno possa contare di più, per lei, avere più terra in tasca di quanta ne abbia sua madre, che nella sua ha solo un pezzo di cielo.

– La guerra è una cosa inutile e stupida. Tutte le guerre lo sono, tutte le separazioni, i muri, tutte le perdite, i veli, tutto il dolore…

Ho sussurrato, non ha sentito, già dorme. Buon segno.

Quando si diventa grandi "grandi" è solo nei sogni che i muri tornano a essere quelli conosciuti. Antichi muretti a secco, dove trovare lucertole che brillano al sole, more nerissime e dolci da mangiare, cicale felici che muoiono ebbre di luce.

3 commenti:

Paolo Curreli ha detto...

quando si diventa grandi
è perchè la vera vita è finita
e si guarda con amore al passato
e il presente è solo grigia ripetizione
il futuro qualcosa che non ci fà fremere di attesa

ecco perchè una amica dell'epoca della vera vita è un dono prezioso

grazie per il commento

bianca ha detto...

Soprattutto se ne va la nostalgia del futuro, per diventare tremito – che tuttavia è necessario "controllare" per tutelare la fiducia e la curiosità dei ragazzi che ci vivono accanto. Lo, non è facilissimo.

Grazie a te Paolo, ritorna!

bianca ha detto...

"Lo", sta per "lo so". Che poi non so proprio niente. Ma oggi sono contenta, di ritorno da Venezia. A proposito di ragazzi: m'hanno fatto andare per tre giorni a ritmo adolescente, su e giù per ponti e calli, divertendoci "come i pazzi", per dirla con figlia 19. E sono stata fortunata perchè per un pelo sono riuscita a visitare "I Capolavori futuristi" al Guggenheim il giorno prima che smontassero il tutto. In particolare voglio ricordare "la madre" di Boccioni, che non conoscevo proprio. Un'opera immensa, in tutti i sensi. Ho goduto della curiosità di figlio 17. E avrei un aneddoto sulla tomba di Peggy... No, non lo racconto. Merita un post a parte, della serie "storie di vita vissuta".