23 luglio 2016

Strage

Insomma, "strage" sta entrando nel lessico quasi quotidiano: è mostruoso, ce ne sentiamo profondamente turbati e ci affrettiamo a cercare un'analisi capace di farci comprendere cosa stia accadendo, darcene ragione e, nell'afferrarne ogni senso, consentirci di prenderne totalmente, razionalmente e radicalmente le distanze: succede là — vorremmo sentirci dire — per questi motivi, e io sto qua, invece, dove tutto è al suo giusto posto.
Ma non è così: non esiste un'analisi capace di pacificare la nostra angoscia per quel che accade nel vasto mondo, diventato ormai piccolissimo. Non esiste per almeno un motivo: ancora troppo poco sappiamo dell'eziologia di internet, quanto e in quali modi l'amato e odiato mostro tecnologico stia interagendo con cervelli troppo schizzati e quanti e in quali modi contribuisce quotidianamente a farne sclerare. Sta succedendo qualcosa di enorme e di incontrollabile. La comunicazione universale è sostanzialmente un'illusione, mentre spessore e concretezza (agisce sulla realtà) è la panna planetaria di ogni genere d'informazione che monta ogni nano secondo. E il fenomeno non ha nulla di innocente.

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