SIMONE DE BEAUVOIR. A trent’anni dalla scomparsa, la filosofa, femminista e scrittrice francese, non smette di interrogare intere generazioni. Un recente ebook di Bastiana Madau, «Simone, le Castor» (Cuec), ne ripercorre alcuni testi per la costruzione di una morale.
«Sono nata il 9 gennaio 1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in bianco che dava sul boulevard Raspail. Nelle foto di famiglia fatte l’estate successiva si vedono alcune giovani signore con lunghe gonne e cappelli impennacchiati di piume di struzzo, e dei signori in panama, che sorridono a un neonato: sono io. Mio padre aveva trent’anni, mia madre ventuno, e io ero la loro primogenita». Con queste parole, tratte da Memorie di una ragazza perbene, Simone de Beauvoir esordisce nel racconto della sua esistenza con il piglio irriverente che la caratterizzerà sempre. Sono trascorsi ormai trent’anni dalla sua scomparsa nella stessa città in cui era nata e vissuta, Parigi, all’Hôpital Cochin – il più prossimo all’arrondissement dove era situata anche la sua casa natale.
Soggetto in rivolta
Simone de Beauvoir resta una voce indimenticabile e maestra nel panorama europeo della modernità. Il suo contributo resta infatti di portata fondatrice nella storia della filosofia, della letteratura e in quella del femminismo. Pensatrice di riferimento per le generazioni a venire, dentro e fuori dall’Europa, ha collaborato ed è stata in relazione con artisti e intellettuali che hanno marcato il Novecento: fra i più noti Maurice Merlau-Ponty, Michel Leiris, Boris Vian e Jean-Paul Sartre, con i quali fondò la rivista Les Temps Modernes (1945), ma anche Albert Camus e molti altri.
La sua attività personale debutta nel 1943 con la scrittura de L’invitata; il romanzo, narrante un ménage à trois nella Parigi alla vigilia della seconda guerra mondiale, da una parte tocca i grandi temi del pensiero filosofico esistenzialista beauvoiriano e dall’altra esemplifica come la forma romanzesca, non ortodossa nell’esposizione del pensiero filosofico, riesca a sostanziare l’impossibilità della sistematizzazione definitiva e l’incompiutezza di qualsivoglia metafisica. Con un’agilità straordinaria, De Beauvoir passa poi alla scrittura più tradizionalmente saggistica: risale infatti al 1947 Per una morale dell’ambiguità, uno dei capisaldi del pensiero esistenzialista francese, testo che parla del riconoscimento dell’esistenza umana nella sua totalità, compreso il carattere contraddittorio e indefinibile dell’ambiguità insita nella condizione umana. Del 1958 sono le Memorie di una ragazza perbene, racconto autobiografico degli anni giovanili; nella narrazione leggiamo in quali modi si sviluppa la ricerca identitaria di Simone come soggetto in rivolta nei confronti del milieu familiare e culturale della Parigi alto borghese di inizio secolo.
Partendo da questi tre testi di riferimento e ampliando poi sulla vasta produzione beauvoiriana, Bastiana Madau realizza il saggio intitolato Simone, le Castor. La costruzione di una morale, (CUEC, ebook saggistica, euro 5,99).
Il tentativo di costruzione della morale é messo in atto grazie e attraverso la ricerca della felicità, che Simone de Beauvoir descrive in termini chiari anche in L’età forte (1960): «Fino ad allora mi ero preoccupata di arricchire la mia vita personale e d’imparare a tradurla in parole; a poco a poco avevo rinunciato al quasi solipsismo, all’illusoria sovranità dei miei vent’anni; avevo acquistato il senso dell’esistenza altrui; ma la cosa che più contava per me erano i miei rapporti personali con gli individui presi uno a uno, e desideravo aspramente la felicità».
Soggetto in rivolta
Simone de Beauvoir resta una voce indimenticabile e maestra nel panorama europeo della modernità. Il suo contributo resta infatti di portata fondatrice nella storia della filosofia, della letteratura e in quella del femminismo. Pensatrice di riferimento per le generazioni a venire, dentro e fuori dall’Europa, ha collaborato ed è stata in relazione con artisti e intellettuali che hanno marcato il Novecento: fra i più noti Maurice Merlau-Ponty, Michel Leiris, Boris Vian e Jean-Paul Sartre, con i quali fondò la rivista Les Temps Modernes (1945), ma anche Albert Camus e molti altri.
La sua attività personale debutta nel 1943 con la scrittura de L’invitata; il romanzo, narrante un ménage à trois nella Parigi alla vigilia della seconda guerra mondiale, da una parte tocca i grandi temi del pensiero filosofico esistenzialista beauvoiriano e dall’altra esemplifica come la forma romanzesca, non ortodossa nell’esposizione del pensiero filosofico, riesca a sostanziare l’impossibilità della sistematizzazione definitiva e l’incompiutezza di qualsivoglia metafisica. Con un’agilità straordinaria, De Beauvoir passa poi alla scrittura più tradizionalmente saggistica: risale infatti al 1947 Per una morale dell’ambiguità, uno dei capisaldi del pensiero esistenzialista francese, testo che parla del riconoscimento dell’esistenza umana nella sua totalità, compreso il carattere contraddittorio e indefinibile dell’ambiguità insita nella condizione umana. Del 1958 sono le Memorie di una ragazza perbene, racconto autobiografico degli anni giovanili; nella narrazione leggiamo in quali modi si sviluppa la ricerca identitaria di Simone come soggetto in rivolta nei confronti del milieu familiare e culturale della Parigi alto borghese di inizio secolo.
Partendo da questi tre testi di riferimento e ampliando poi sulla vasta produzione beauvoiriana, Bastiana Madau realizza il saggio intitolato Simone, le Castor. La costruzione di una morale, (CUEC, ebook saggistica, euro 5,99).
Il tentativo di costruzione della morale é messo in atto grazie e attraverso la ricerca della felicità, che Simone de Beauvoir descrive in termini chiari anche in L’età forte (1960): «Fino ad allora mi ero preoccupata di arricchire la mia vita personale e d’imparare a tradurla in parole; a poco a poco avevo rinunciato al quasi solipsismo, all’illusoria sovranità dei miei vent’anni; avevo acquistato il senso dell’esistenza altrui; ma la cosa che più contava per me erano i miei rapporti personali con gli individui presi uno a uno, e desideravo aspramente la felicità».
La ricerca della felicità ha rappresentato infatti per Simone de Beauvoir la forza motrice per guardare alla separazione tra l’io e il mondo, inteso anche come l’Io e l’Altro – quest’ultimo sentito come il corrispettivo di un ambiente sociale ostile o estraneo. Il carattere energico ed entusiasta dello slancio felice costituirà la prerogativa per evolvere dall’assoluto psicologico alla coscienza impegnata, anche mediante la coscienza critica sui privilegi della classe sociale d’appartenenza.
Nella nota introduttiva al testo, Alessandra Pigliaru sottolinea come: «In questo risveglio che intreccia teoria e prassi, parola e impegno, Bastiana Madau decide di consegnare un ritratto di Simone De Beauvoir ai bordi di una promessa – quella che lambisce solo in parte gli anni Sessanta che si stanno affacciando e che puntellano la mappa più grande di ciò che arriverà. In questo stato di attesa, di qualcosa a venire che sarà la donna come soggetto imprevisto della storia, per dirla con Carla Lonzi, o dello sgretolamento di una rivoluzione implosa, la strada verso la morale appartiene a un ambito molto più intimo di quanto non si pensi». La strada verso la morale a cui si allude rappresenta per la filosofa francese l’orientamento da seguire per agire il tentativo di superaramento della scissione apparentemente incolmabile tra l’io e il mondo.
Nella nota introduttiva al testo, Alessandra Pigliaru sottolinea come: «In questo risveglio che intreccia teoria e prassi, parola e impegno, Bastiana Madau decide di consegnare un ritratto di Simone De Beauvoir ai bordi di una promessa – quella che lambisce solo in parte gli anni Sessanta che si stanno affacciando e che puntellano la mappa più grande di ciò che arriverà. In questo stato di attesa, di qualcosa a venire che sarà la donna come soggetto imprevisto della storia, per dirla con Carla Lonzi, o dello sgretolamento di una rivoluzione implosa, la strada verso la morale appartiene a un ambito molto più intimo di quanto non si pensi». La strada verso la morale a cui si allude rappresenta per la filosofa francese l’orientamento da seguire per agire il tentativo di superaramento della scissione apparentemente incolmabile tra l’io e il mondo.
Le quattro età
L’autobiografismo in De Beauvoir rappresenta anche questo, cioé l’esternazione del suo pensiero filosofico tramite il racconto della propria vita, dall’infanzia e la giovinezza de Le memorie di una ragazza perbene, fino alla maturità. Le Memorie e gli altri tre volumi che narrano la vita della filosofa e scrittrice francese (seguiranno L’età forte, La forza delle cose, nel 1963, e A conti fatti, nel 1972) si realizzano infatti come uno speciale calendario di riflessioni sull’evolversi del ruolo delle donne nella Francia del secondo dopoguerra, fino ai movimenti di liberazione degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta. Bastiana Madau così ci descrive il percorso esistenziale che Simone de Beauvoir percorre attraverso il suo speciale autobiografismo: «Lontane da qualsiasi tentazione di esibizionismo morale, infatti, le pagine delle memorie ci mettono al cospetto di un’esistenza vissuta nell’autenticità, che osa svelare, contestare e contestarsi pubblicamente nel tentativo di agire per il cambiamento, consapevole che la parola può essere azione, e che si può togliere il velo dall’opacità dell’esistenza soltanto progettandone la trasformazione».
A ben guardare, già nel titolo dell’ebook di Madau si allude a Simone de Beauvoir in quanto soggetto, altresì biografico, teso nella progettazione di una trasformazione – nell’attività di edificazione di una morale alternativa. «Castor» era infatti il soprannome inventato nel 1929 da René Gabriel Eugène Maheu, professore di filosofia a Londra e amico di Simone, pensando a «beaver» (castoro in inglese) per similarità di pronuncia con il cognome di De Beauvoir.
L’autobiografismo in De Beauvoir rappresenta anche questo, cioé l’esternazione del suo pensiero filosofico tramite il racconto della propria vita, dall’infanzia e la giovinezza de Le memorie di una ragazza perbene, fino alla maturità. Le Memorie e gli altri tre volumi che narrano la vita della filosofa e scrittrice francese (seguiranno L’età forte, La forza delle cose, nel 1963, e A conti fatti, nel 1972) si realizzano infatti come uno speciale calendario di riflessioni sull’evolversi del ruolo delle donne nella Francia del secondo dopoguerra, fino ai movimenti di liberazione degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta. Bastiana Madau così ci descrive il percorso esistenziale che Simone de Beauvoir percorre attraverso il suo speciale autobiografismo: «Lontane da qualsiasi tentazione di esibizionismo morale, infatti, le pagine delle memorie ci mettono al cospetto di un’esistenza vissuta nell’autenticità, che osa svelare, contestare e contestarsi pubblicamente nel tentativo di agire per il cambiamento, consapevole che la parola può essere azione, e che si può togliere il velo dall’opacità dell’esistenza soltanto progettandone la trasformazione».
A ben guardare, già nel titolo dell’ebook di Madau si allude a Simone de Beauvoir in quanto soggetto, altresì biografico, teso nella progettazione di una trasformazione – nell’attività di edificazione di una morale alternativa. «Castor» era infatti il soprannome inventato nel 1929 da René Gabriel Eugène Maheu, professore di filosofia a Londra e amico di Simone, pensando a «beaver» (castoro in inglese) per similarità di pronuncia con il cognome di De Beauvoir.
Erodere lo scacco
Il soprannome viene mutuato in seguito da Sartre, che amava chiamare così la compagna di vita e di filosofia, per la sua similarità d’attitudine con questi roditori d’acqua e di terra. «Un giorno – come ricorda De Beauvoir nelle Memorie – scrisse sul mio taccuino, a lettere cubitali : BEAUVOIR = CASTORO. Voi siete un castoro, dice lui. I castori girano in gruppo e hanno uno spirito costruttore».
Il settimo capitolo del saggio di Madau si intitola «Morale», e al suo interno viene enunciato in quali modi e in che senso Simone de Beauvoir, in seno al pensiero esistenzialista degli anni del dopoguerra, cerca di costruire le strade per una nuova morale – di aprire le prospettive di una nuova etica.
Constatando come le morali tradizionali non integrino lo scacco subito nel momento in cui l’essere umano percepisce la propria incompiutezza, De Beauvoir mostra come questo rifiuto conduca a una fede in un assoluto esterno all’esistenza, un assoluto rifiutante i limiti della stessa.
Il soprannome viene mutuato in seguito da Sartre, che amava chiamare così la compagna di vita e di filosofia, per la sua similarità d’attitudine con questi roditori d’acqua e di terra. «Un giorno – come ricorda De Beauvoir nelle Memorie – scrisse sul mio taccuino, a lettere cubitali : BEAUVOIR = CASTORO. Voi siete un castoro, dice lui. I castori girano in gruppo e hanno uno spirito costruttore».
Il settimo capitolo del saggio di Madau si intitola «Morale», e al suo interno viene enunciato in quali modi e in che senso Simone de Beauvoir, in seno al pensiero esistenzialista degli anni del dopoguerra, cerca di costruire le strade per una nuova morale – di aprire le prospettive di una nuova etica.
Constatando come le morali tradizionali non integrino lo scacco subito nel momento in cui l’essere umano percepisce la propria incompiutezza, De Beauvoir mostra come questo rifiuto conduca a una fede in un assoluto esterno all’esistenza, un assoluto rifiutante i limiti della stessa.
Comprendere invece la verità originaria del limite, la sua ricchezza, con il suo corteggio di ambiguità (ambivalenza, separazione, scacco) costituirebbe già di per sé una tappa verso la costruzione di una morale nuova. Tale costruzione contempla anche il tentativo da parte dell’essere umano di giustificare la propria esistenza attraverso la categoria del trascendente, che per la filosofa rappresenta la realizzazione del soggetto in moto continuo verso il poter essere e una sorta di espansione indefinita verso l’avvenire; il suo senso indefinito sempre labile e in perenne conquista costituisce infatti il fulcro della cosidetta morale ambigua.
In questo percorrere la vita «espansivamente», ci parla in particolare di come la donna, soggetto-Altro culturalmente e socialmente subalterno, sia costretta a vivere una condizione di sottrazione della trascendenza e di oppressione della creatività. Madau spiega come ne Il secondo sesso (1949), noto al grande pubblico per la tesi avanguardista sul rapporto di dominazione tra uomo e donna come frutto di una radicante e radicata costruzione storica e sociale, De Beauvoir mostri la portata dell’oppressione.
Immanenze
Il testo, messo all’indice dal Vaticano con un editto del Sant’Uffizio del 1956, spiega come la ripetizione inconsapevole e passiva di un ruolo predeterminato costituisca per la donna il grande vincolo esistenziale: «nella mera ripetizione del suo ruolo di madre e di sposa la donna vincola la propria esistenza all’immanenza, alla ripetizione, alla reiterazione, all’impossibilità creativa, all’assenza di progettualità nella propria esistenza, determinando la propria condizione di subalternità rispetto all’essere umano di sesso maschile. Quest’ultimo non ha mai abdicato ai suoi privilegi, al contrario servendosene per assoggettare la donna al suo bisogno di dominio». Bastiana Madau ci suggerisce di guardare al percorso di ricerca che Simone de Beauvoir stessa aveva intrapreso.
A fronte di secoli di dominazione maschile Simone vedeva una possibile via di liberazione nella tenace volontà da parte delle donne di vedere, riconoscere, sottrarsi ai condizionamenti storici e di rifiutare l’idea della predestinazione, il giogo della profezia autorealizzante: «Ed è anche ciò che, d’altronde, Simone de Beauvoir ha fatto in prima persona – come ha testimoniato attraverso le sue lunghe memorie autobiografiche – mettendosi sempre in discussione, svelando le fragilità e i conflitti interiori, mai proponendo alcun modello da seguire, ma ha anzi, dall’interno di una instancabile lotta contro gli stereotipi, accentuando la singolarità dell’esperienza individuale. La sua morale è un discorso sulla libertà».
Francesca Maffioli, Lo splendore del pensiero, Il manifesto, 21 luglio 2016.
In questo percorrere la vita «espansivamente», ci parla in particolare di come la donna, soggetto-Altro culturalmente e socialmente subalterno, sia costretta a vivere una condizione di sottrazione della trascendenza e di oppressione della creatività. Madau spiega come ne Il secondo sesso (1949), noto al grande pubblico per la tesi avanguardista sul rapporto di dominazione tra uomo e donna come frutto di una radicante e radicata costruzione storica e sociale, De Beauvoir mostri la portata dell’oppressione.
Immanenze
Il testo, messo all’indice dal Vaticano con un editto del Sant’Uffizio del 1956, spiega come la ripetizione inconsapevole e passiva di un ruolo predeterminato costituisca per la donna il grande vincolo esistenziale: «nella mera ripetizione del suo ruolo di madre e di sposa la donna vincola la propria esistenza all’immanenza, alla ripetizione, alla reiterazione, all’impossibilità creativa, all’assenza di progettualità nella propria esistenza, determinando la propria condizione di subalternità rispetto all’essere umano di sesso maschile. Quest’ultimo non ha mai abdicato ai suoi privilegi, al contrario servendosene per assoggettare la donna al suo bisogno di dominio». Bastiana Madau ci suggerisce di guardare al percorso di ricerca che Simone de Beauvoir stessa aveva intrapreso.
A fronte di secoli di dominazione maschile Simone vedeva una possibile via di liberazione nella tenace volontà da parte delle donne di vedere, riconoscere, sottrarsi ai condizionamenti storici e di rifiutare l’idea della predestinazione, il giogo della profezia autorealizzante: «Ed è anche ciò che, d’altronde, Simone de Beauvoir ha fatto in prima persona – come ha testimoniato attraverso le sue lunghe memorie autobiografiche – mettendosi sempre in discussione, svelando le fragilità e i conflitti interiori, mai proponendo alcun modello da seguire, ma ha anzi, dall’interno di una instancabile lotta contro gli stereotipi, accentuando la singolarità dell’esperienza individuale. La sua morale è un discorso sulla libertà».
Francesca Maffioli, Lo splendore del pensiero, Il manifesto, 21 luglio 2016.