«Il tempo reale delle notizie più o meno tediose, opportune, futili, oscene
ci sta alle costole, quando addirittura non ci precede. Vibrano gli
smartphone, notificano i computer, impazzano le app. Con difficoltà si
distinguono le notizie dalle chiacchiere. La nostra disponibilità a
partecipare al gioco della comunicazione tecnologica è proporzionale
solo all’illusione di essere parte del mondo con un click. La
cartografia dovette fare un effetto simile, ai sovrani cinquecenteschi,
restringendo il campo dell’inconcepibile a raffigurazione che rendeva
gestibile il pensiero di lunghe e lontane campagne di conquista.
Ma l’illusione arriva, prima o poi, a fare i conti con la realtà. Nel giorno in cui l’acqua ha fatto strage, spazzato via asfalto e cemento, inondato campi e cantine il sistema dell’informazione-comunicazione si è inceppato. Se la notizia dell’allarme è stata lanciata, è lecito chiedersi dove sia naufragata. Perché l’unica certezza è che non è arrivata a destinazione. Videolina mostra e commenta un fax della Protezione civile con “pochi dettagli”, specifica il direttore Emanuele Dessì; i sindaci dei comuni rivendicano di aver ricevuto comunicazioni non diverse da decine di altre.
Di certo il sito istituzionale della Regione Sardegna ignora completamente quanto sta per accadere e così la pagina on line della Protezione civile, ferma e retrodatata all’emergenza incendi. Come si sarebbe potuta diffondere tra la gente la percezione del pericolo, se è mancata persino ai siti istituzionali, alle agenzie di stampa, ai professionisti dell’informazione, ai redattori? Chi dall’alto ha gestito la comunicazione, l’ha fatto in maniera ordinaria, ignorando che l’eccezionalità richiede mezzi diversi affinché una notizia non si confonda tra centinaia di altre e anzi, diventi prioritaria.
Forse sarebbe bastata una telefonata. Forse sarebbe bastato affiancare una voce, in quella comunicazione spedita solo via fax. Come fa un qualsiasi ufficio stampa quando vuole essere certo che la notizia che trasmette sia presa nella giusta considerazione. Poi, a disastro compiuto, è accaduto che la Sardegna sia stata inondata da inviati speciali. Ma come non notare la differenza da quando, nel 2008, la redazione di Radio Press raccoglieva telefonate e messaggi in diretta “a microfono aperto” e creava un ponte tra le persone dando informazioni in tempo reale sulla viabilità, sui bisogni, sulla situazione. Invece, “non uno straccio di una radio privata, indipendente o libera che abbia allestito una diretta-non stop dai luoghi del disastro” scrive Cicci Borghi su questo sito.
E se Videolina si è spesa ovunque sul territorio, come ignorare quanto scrive sulla sua pagina facebook la giornalista di Sardegna 1 Stefania De Michele? «Avvilita e impotente perché non abbiamo potuto fare il nostro lavoro come avremmo voluto. Non abbiamo più a disposizione mezzi per le dirette. Siamo a orario ridotto e settimana corta. La buona volontà di tutti anche non pagati serve a poco in certi casi (…) avremmo voluto esserci di più e meglio dove c’era bisogno anche di raccontare con una voce in più. Non molliamo però, non mollate…”. “Dieci anni fa avremmo potuto fare una diretta satellitare” commenta il collega Gianni Zanata. “Oggi non siamo in grado neanche di una diretta streaming”.
L’informazione locale è ridotta ai minimi termini. Lo sa chi lavora nelle redazioni delle agenzia di stampa, sottodimensionate nonostante passi da lì la gran parte delle notizie che rimbalzano nei media. La chiusura della redazione cagliaritana della Nuova Sardegna è passata quasi sotto silenzio, con l’eccezione di una nota del sindaco di Carbonia, perché la Nuova per il polo industriale del Sulcis ha sempre dimostrato grande attenzione. L’informazione on line cresce invece, ma che fatica reperire le risorse per stipendi e collaborazioni.
Però non si può mollare, perché l’informazione locale è preziosa. Lo dimostra il tentativo scandaloso della censura dell’intervista – recuperata in extremis dal vice direttore di Rai 2, dopo che il caso è finito sul blog di Beppe Grillo – al direttore dell’Unione Sarda Anthony Muroni, forse perché osa additare al “mostro burocratico degli appalti che gestisce il sistema Italia”.
Adesso che inizia la ricostruzione, per evitare cose già viste da ultimo a L’Aquila, sarà bene vigilare con cura; così come è opportuno verifica cosa è accaduto al bacino al cianuro di Furtei, ai bacini dei fanghi rossi a Portovesme e in tutti i luoghi “critici” della Sardegna. Roba scomoda, certo, ma che molti giornalisti farebbero con zelo e passione, se potessero. Se con la ricostruzione si mettessero in moto le migliori professionalità in tutti campi, informazione compresa.»
Giulia Clarkson, L'informazione ai tempi del disastro, sardegnasoprattutto, 23 novembre 2013.
Ma l’illusione arriva, prima o poi, a fare i conti con la realtà. Nel giorno in cui l’acqua ha fatto strage, spazzato via asfalto e cemento, inondato campi e cantine il sistema dell’informazione-comunicazione si è inceppato. Se la notizia dell’allarme è stata lanciata, è lecito chiedersi dove sia naufragata. Perché l’unica certezza è che non è arrivata a destinazione. Videolina mostra e commenta un fax della Protezione civile con “pochi dettagli”, specifica il direttore Emanuele Dessì; i sindaci dei comuni rivendicano di aver ricevuto comunicazioni non diverse da decine di altre.
Di certo il sito istituzionale della Regione Sardegna ignora completamente quanto sta per accadere e così la pagina on line della Protezione civile, ferma e retrodatata all’emergenza incendi. Come si sarebbe potuta diffondere tra la gente la percezione del pericolo, se è mancata persino ai siti istituzionali, alle agenzie di stampa, ai professionisti dell’informazione, ai redattori? Chi dall’alto ha gestito la comunicazione, l’ha fatto in maniera ordinaria, ignorando che l’eccezionalità richiede mezzi diversi affinché una notizia non si confonda tra centinaia di altre e anzi, diventi prioritaria.
Forse sarebbe bastata una telefonata. Forse sarebbe bastato affiancare una voce, in quella comunicazione spedita solo via fax. Come fa un qualsiasi ufficio stampa quando vuole essere certo che la notizia che trasmette sia presa nella giusta considerazione. Poi, a disastro compiuto, è accaduto che la Sardegna sia stata inondata da inviati speciali. Ma come non notare la differenza da quando, nel 2008, la redazione di Radio Press raccoglieva telefonate e messaggi in diretta “a microfono aperto” e creava un ponte tra le persone dando informazioni in tempo reale sulla viabilità, sui bisogni, sulla situazione. Invece, “non uno straccio di una radio privata, indipendente o libera che abbia allestito una diretta-non stop dai luoghi del disastro” scrive Cicci Borghi su questo sito.
E se Videolina si è spesa ovunque sul territorio, come ignorare quanto scrive sulla sua pagina facebook la giornalista di Sardegna 1 Stefania De Michele? «Avvilita e impotente perché non abbiamo potuto fare il nostro lavoro come avremmo voluto. Non abbiamo più a disposizione mezzi per le dirette. Siamo a orario ridotto e settimana corta. La buona volontà di tutti anche non pagati serve a poco in certi casi (…) avremmo voluto esserci di più e meglio dove c’era bisogno anche di raccontare con una voce in più. Non molliamo però, non mollate…”. “Dieci anni fa avremmo potuto fare una diretta satellitare” commenta il collega Gianni Zanata. “Oggi non siamo in grado neanche di una diretta streaming”.
L’informazione locale è ridotta ai minimi termini. Lo sa chi lavora nelle redazioni delle agenzia di stampa, sottodimensionate nonostante passi da lì la gran parte delle notizie che rimbalzano nei media. La chiusura della redazione cagliaritana della Nuova Sardegna è passata quasi sotto silenzio, con l’eccezione di una nota del sindaco di Carbonia, perché la Nuova per il polo industriale del Sulcis ha sempre dimostrato grande attenzione. L’informazione on line cresce invece, ma che fatica reperire le risorse per stipendi e collaborazioni.
Però non si può mollare, perché l’informazione locale è preziosa. Lo dimostra il tentativo scandaloso della censura dell’intervista – recuperata in extremis dal vice direttore di Rai 2, dopo che il caso è finito sul blog di Beppe Grillo – al direttore dell’Unione Sarda Anthony Muroni, forse perché osa additare al “mostro burocratico degli appalti che gestisce il sistema Italia”.
Adesso che inizia la ricostruzione, per evitare cose già viste da ultimo a L’Aquila, sarà bene vigilare con cura; così come è opportuno verifica cosa è accaduto al bacino al cianuro di Furtei, ai bacini dei fanghi rossi a Portovesme e in tutti i luoghi “critici” della Sardegna. Roba scomoda, certo, ma che molti giornalisti farebbero con zelo e passione, se potessero. Se con la ricostruzione si mettessero in moto le migliori professionalità in tutti campi, informazione compresa.»
Giulia Clarkson, L'informazione ai tempi del disastro, sardegnasoprattutto, 23 novembre 2013.
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