"Mentre cercavo un altro oggetto [...], mi guardai allo specchio e dall'espressione del mio viso notai la sconcertante frattura che si era creata tra il mio corpo e la mia anima. Il mio viso appariva esausto, stravolto per la sconfitta e lo smarrimento; dietro quel volto, dentro di me, invece, c'era tutto un altro mondo, un mondo dove avevo trovato la verità fondamentale della mia esistenza: che dentro il mio corpo c'erano un cuore e un senso profondo, che tutto avveniva per desiderio, contatto e amore e che era per questo che soffrivo.
Sotto il rumore della pioggia e il gorgoglio delle tubature dell'acqua sentivo una vecchia canzone turca che la mia nonna paterna era sempre felice di ascoltare quand'ero piccolo [...]"
Orhan Pamuk, Il Museo dell'innocenza, traduzione di Barbara La Rosa Salim, Einaudi, Torino 2009, p. 268.
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