Un
anniversario di straordinaria importanza è quello che ricorda, a
trent'anni dalla sua morte, la mai dimenticata filosofa francese
Simone de Beauvoir, una delle più importanti e significative voci
dell'intelletualità europea del Novecento, che si spense nella sua
Parigi il 14 aprile del 1986. Nata il 9 gennaio del 1908, dopo il liceo studiò filosofia a La Sorbonne,
dove conobbe il giovane Jean-Paul Sartre, destinato a tenere le fila
di un universo di pensatori, scrittori e artisti con i quali Simone
intrecciò un dialogo filosofico e politico arricchito da una
particolare attenzione verso gli avvenimenti storici di quegli anni.
Un confronto costante che gradualmente fece approdare la giovane
filosofa nella res publica dell'esistenzialismo francese, nella quale
trovò un posto tutto suo. Coerente con i canoni più autentici
dell'esistenzialismo, seppure declinato in un'epoca intrisa di drammi
e di contraddizioni, la sua voce si caratterizzò da una profonda
esigenza di sincerità e da un acuto sentimento della responsabilità.
In tal senso Simone de Beauvoir assolse appieno la funzione descritta
da Sartre in Che
cos'è la letteratura? (1947),
per cui la scrittura, lungi dall'ignorare il mondo, è ad esso che
deve rivolgersi, alla condizione umana, e – abbandonando l'idea che
si possa fare una lettura imparziale della società – operare
affinché nessuno possa più ignorare i fatti e dirsene innocente:
«se
si entra nell'universo dei significati non si può più uscirne; se
si lascia che le parole si organizzino in libertà, formeranno delle
frasi e ogni frase contiene l'intero linguaggio e rimanda a tutto
l'universo».
La figura di Simone de Beauvoir segna
così il passaggio a un modello
innovativo di intellettuale, che nella complessa società moderna non
può più scrivere per sé o esercitarsi meramente nell'arte
dell'eloquenza, bensì, tenendo alta la consapevolezza che il
pensiero rivolto a un esterno “politico”, esercitare un impegno
segnato da un moto anti idealista e approdare a una sorta di
dimensione che oggi diremmo “militante”. Simone de Beauvoir operò
in tal senso, ma sempre a partire da sé, sviluppando una riflessione
attenta alle dinamiche della costruzione del sé, rivelando la totale
determinazione ad accogliere quella che definì
come “la grande avventura di essere me stessa”; un atteggiamento,
quest'ultimo, che la caratterizzò fortemente come pensatrice e ne
determinò la grandezza. L'analisi,
la denuncia, la riflessione, la proposta nutrirono la sua scrittura
di un chiaro impegno orientato alla ricerca di soluzioni ai problemi
sia individuali sia collettivi. Nei saggi e nei romanzi come nella
vasta autobiografia e negli innumerevoli articoli e interventi nei
periodici a lei contemporanei è rintracciabile e ancora vitalissima
la singolare esperienza di un'intellettuale che, coerente con la
filosofia abbracciata,
ha fatto della sua vita una lotta permamente.
Il
suo pensiero intorno al rapporto tra filosofia e vita è espresso con
chiarezza in L'esistenzialismo
e la saggezza delle nazioni (1948),
in particolare quando sostiene che l'essere umano non può sfuggire
la filosofia perché non può eludere la propria libertà. Non può
sussistere una separatezza tra filosofia e vita, perché ogni
approccio all'esistenza contiene in sé una scelta filosofica, e
l'ambizione di una filosofia è proprio quella di diventare uno stile
di vita che porta in sé la sua giustificazione.
I temi affrontati da Simone de Beauvoir nei saggi sono gli stessi che
appaiono in embrione nella monumentale opera autobiografica (Memorie
d'una ragazza perbene
[1958], L'età
forte [1961],
La forza
delle cose
[1966], A
conti fatti
[1972], vissuti
in prima persona, e sono gli stessi che ritornano anche nei diversi
romanzi, e in particolare, per quanto riguarda ancora l'ambito
memorialistico, Una
morte dolcissima (1964)
e La
cerimonia degli addi
(1964). Sono
temi segnati dalle
contraddizioni e dall'ambiguità dell'esistenza: dalla scelta di un
mondo senza Dio, allo smarrimento dell'essere umano privato della
garanzia dei valori eterni
e assoluti; dalla coscienza che si sperimenta come unica e sovrana,
all'inevitabile inquietudine che nasce dalla percezione
dell'esistenza dell'altro; dal rifiuto delle morali assolute e
inautentiche, all'impegno per la creazione di una morale mai definita
e sempre da inventare; dalla consapevolezza della propria finitezza e
precarietà individuali, al bisogno di trascendenza e di
giustificazione dell'esistenza. Particolare rilievo è stato dato
dalla filosofa all'elaborazione teoretica dei temi
dell'esistenzialismo francese del Dopoguerra, dalla cui prospettiva
osserva la questione dell'emancipazione femminile: Il
secondo sesso (1949),
una delle opere più celebri e importanti per il movimento femminista
a livello mondiale, è ancora oggi una pietra miliare nella storia
del pensiero delle donne.