26 aprile 2010
23 aprile 2010
20 aprile 2010
La costruzione dell'albero
Se sapessi scrivere, prenderei gli aculei di un porcospino e graffierei tutto il tuo ventre enorme da cima a fondo. Mi arrampicherei su fino ai rami e inciderei dei tagli sotto le tue ascelle per farti il solletico. Lettere grandi e piccole. In un testo pieno di riccioli e volute, su linee a spirale, ti scrivo tutto dentro perché ho così tante cose da raccontare di un viaggio verso un orizzonte nuovo che si trasformò in una spedizione a un albero. Qui ci vorrebbe una pausa ritmica. Oh, quante cose ho imparato dai poeti, sono un’esperta nell’arte di arrangiare l’epico col lirico. Una pausa ritmica e i pensieri ricominciano a girare tutto intorno al tuo tronco per dire la storia di una passione folle che si rivelò la sola cosa cui alla fine potemmo aggrapparci, spogliati di ogni bene materiale, esausti e sfiniti di noi stessi in uno sforzo che ci trascinava, zavorra del passato.
Così ti adorno, riga dopo riga, delle nostre allucinazioni perché tu digerisca, sviluppi e levighi tanta assurdità conservando le informazioni inutili nella spessa corteccia grigia fino al giorno della tua autocombustione. E soddisfatta, depongo lo strumento e mi faccio un po’ indietro per osservare il mio lavoro, con le mani sui fianchi.
Sei pieno delle mie cicatrici, baobab. Non sapevo di averne così tante.
Wilma Stockenström, Spedizione al baobab, traduzione dall'inglese di Susanna Basso, Ilisso, Nuoro 2004, p.29.
16 aprile 2010
14 aprile 2010
Milonga di Calandria
2 aprile 2010
In una stessa terra
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell’ombra della sera
per la sera che di colpo crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta a una ringhiera
per l’attesa marina – senza grido – infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare più sola nell’enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi, mia la luce deserta
– da brughiera –
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso e la parola bosco
trema più fragile del bosco, senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.