30 luglio 2012
26 luglio 2012
Filigrana
"Quando scrivo
io cerco di esprimere il mio modo di essere nel mondo. Si tratta principalmente
di un processo di eliminazione: una volta eliminate tutte le parole morte, i
dogmi di seconda mano, le verità che non sono tue ma di altri, i motti, gli
slogan, le sfacciate bugie del tuo paese, i miti della tua epoca storica; una
volta tolto di mezzo tutto ciò che deforma l’esperienza e le fa assumere un
aspetto che non riconosci e in cui non credi, ciò che ti resta è qualcosa che
si approssima alla verità della tua concezione. È questo che cerco quando leggo
un romanzo: la verità di una persona, nella misura in cui può essere restituita
mediante il linguaggio. Quest’unico dovere, debitamente perseguito, produce
risultati complicati e vari. Non è certo un appello all’autobiografismo, anche
se ci saranno sempre autori che confondono il desiderio di verità personale del
lettore con l’invito a scrivere un trattato, o un discorso, o un libro di
memorie malamente mascherato in cui gli eroi sono loro stessi. La verità del
romanzo è questione di prospettiva, non di autobiografia. È ciò che non puoi
evitare di dire se scrivi bene. È la filigrana dell’io che appare in tutto ciò
che fai. È la lingua come rivelazione della coscienza."
Zadie Smith, Perché scrivere, minimum fax, Roma 2011.
Zadie Smith, Perché scrivere, minimum fax, Roma 2011.
20 luglio 2012
Nel deserto
Dedicato a R.U.
"Aveva scavato solchi nel deserto
aggrappato alla coda del pezzato, era precipitato nel baratro tenebroso, era
morto ed era rinato, senza mai piangere. Ed ecco che quella notte singhiozzava
senza riuscire a frenarsi, come se a piangere non fosse lui, ma un’altra
persona che gli dormiva accanto, dormiva in lui, e sulla quale egli non aveva
alcuna autorità; un’altra persona che osservava i suoi gesti e ne spiava le
mosse, senza farsi vedere. Che significava tutto questo? Era mai successo prima
a un altro essere umano nel deserto?
Si alzò senza fare rumore e uscì dalla capanna. Fuori,
il rosso dell’alba fendeva le tenebre nell’oasi, ma i galli non avevano fretta
di annunciarne la nascita, o forse volevano custodirne il segreto. Solo la
schiera di grilli continuava solitaria a intonare i canti della veglia. Anche
il pezzato aveva trascorso la notte insonne. Lo trovò ritto sulle lunghe zampe
e il muso rivolto verso est, afflitto, che assisteva muto al levarsi del nuovo
giorno, mentre il cammello aratore, dall’altra parte della capanna, accanto a
una palma dai fitti rami, ruminava con un’espressione stupida, indifferente a
tutto. Ukhayyad si rese conto di come la tristezza del pezzato, in quella
posizione e a quell’ora precoce del mattino, avesse un che di sacro. Come
appariva orribile l’altro cammello in confronto, con quell’aria stupida e
imperturbabile e l’animo libero da affanni. Com’è orribile l’aspetto di una
creatura il cui cuore non sia oppresso dall’angoscia! Solo la tristezza è in
grado di accendere la scintilla divina nei cuori. Lo stesso valeva anche per
gli esseri umani? Lo sheikh Musa diceva sempre che Dio tra le sue creature
predilige i sofferenti e gli afflitti e che anzi mette alla prova quelli che
più ama."
Ibrahim al-Koni, Polvere d'oro, traduzione dall'arabo di Maria Avino, Ilisso, Nuoro 2005, p. 93.
"Qui nel deserto, invece, i diavoli sono condannati a morire di sete."
Ibrahim al-Koni, cit., p. 99.
19 luglio 2012
Sarrabulho
Allora per me si tratta di capire se il fegato del sarrabulho e il
sangue con cui si lega con il resto degli ingredienti siano meno
interiori della trippa. Per qualche motivo sarei propensa a dare ragione ad Altamante, che lo sia maggiormente quest’ultima, ma è una suggestione
attualmente non confortata da basi scientifiche (mi riferisco alla mia
ignoranza in materia di anatomia). La metterei sul fatto che fegato e
sangue sono dati, mentre la trippa si forma nella meditazione, nel
silenzio e nell'immobilità. La trippa è talmente interiore che nemmeno
il sangue riesce a irrorarla.
Comunque sia Antonio Tabucchi, in Requiem, ne scrive come di un piatto da sballo. Io non l'ho mai assaggiato quindi non lo so; quasi quasi lo metto nel programma della prossima visita a Lisbona.
17 luglio 2012
16 luglio 2012
Armidda
"Una
teoria immunologica* tenta di spiegare come
e perché il nostro sistema immunitario riconosce un ospite estraneo e non
gradito e dunque lo attacca producendo anticorpi. Nei primi mesi di vita del
feto i rappresentanti dei nostri organi, per così dire, migrano verso la
ghiandola del timo: in questa sede avviene una sorta di presentazione e di
riconoscimento. Il nostro io impara di cosa è composto l’organismo. Da quel
momento ogni elemento estraneo, non presentato in quella sede, diventa nemico e
dunque è suscettibile di reazione immunitaria. La metafora letteraria che si
può trarre è: più ci conosciamo (con metodo e onestà di rappresentazione), più
ci difendiamo. A voler estendere questa teoria immunologica alla narrativa in
senso lato, si potrebbe sostenere che solo una buona e approfondita
presentazione delle parti in campo (degli elementi che compongono la nostra
identità) ci prepara e struttura la nostra resistenza al male, all’ignoto e
alla complicità che di solito abbiamo con queste dimensioni."
Antonio
Pascale, Questo è il paese che non amo. Trent’anni nell’Italia senza stile, minimum fax, Roma 2010, p. 85.
* Jean
Claude Amesein, Al cuore della vita. Il suicidio cellulare e la morte
creatrice,
Feltrinelli, Milano 2001.
Thymus spp.
Thymus serpyllum L.
Nome comune
Timo serpillo
Nome sardo
Armidda
Nome francese
Serpolet
Nome inglese
Wild thyme
Thimus vulgaris L.
Nome comune
Timo
Nome sardo
Timu, Tumu, Tumbu
Nome francese
Thyme commun
Nome inglese
Common Thyme
Famiglia
Lamiaceae
Parte utilizzata
sommità fiorite
Costituenti principali
olio essenziale (1% Thimus s.; 2,5% Thimus
v.)
tannino; sostanze amare: serpillina flavonoidi,
saponine e triterpeni ad attività antibiotica
Attività principali
antisettica, espettorante e mucolitica
antitossiva e spasmolitica
digestiva e coleretica
Impiego terapeutico
affezioni dell'apparato respiratorio
(trattamento sintomatico della tosse)
trattamento sintomatico delle turbe digestive
CURIOSITÁ
"Fra le tante dita cerchiate di anellini di metallo,
Olì recava striscie di scarlatto e nastri coi quali voleva segnare i fiori
di San Giovanni, cioè i cespugli di verbasco, di timo e d’asfodelo da
cogliere l’indomani all’alba per farne medicinali ed amuleti." (Grazia Deledda,
1904)
"L’erba che copre qualche macchia del suolo sulla cima
[del Gennargentu] è il profumato Thimus herba barona; in mezzo a
queste chiazze si vede spuntare in giugno il fiore che preannuncia l’inverno,
il rilucente Crocus minimus." (Alberto Della Marmora, 1868)
Enrica Campanini, Piante medicinali della Sardegna,
Ilisso, Nuoro, 2009, pp.496, 499.
13 luglio 2012
Ruth
"Cerco le tracce di quei suoni in un cassetto di casa, dove ho riposto appunti di passato che non riesco a buttare via. Lì ritrovo questo elenco che ora trascrivo fedelmente, forzando un po' il mio senso del pudore e dunque in corpo minore:
Anticoncezionali per non abortire, aborto libero per non morire.
La giunta è rossa, ma è rossa di vergogna. I consultori li ha messi nella fogna.
Non siamo macchine per la riproduzione, ma donne libere per la rivoluzione.
La liberazione non è un'utopia: donna, gridalo, io sono mia.
Subiamo violenza quotidianamente, lo stupro è solo la forma più evidente.
Compagno nella lotta, padrone nella vita, con questa storia facciamola finita.
Vi fanno un po' ridere? Anche a me, un pochino. E mi fanno anche piangere, nel senso che mi commuovono. Tuttavia sono esattamente queste le parole che affiorano da quel passato lontano. Le parole sono queste, lo so per certo, ma non dicono quello che dicono.
Perché per tutte e tre, la bambina della fotografia, la donna del film e io, quelle parole non sono che una marcetta che fa accedere a un'altra musica. Perché se anche quelle parole non sono più capaci di parlare, se gli zoccoli e le gonne a fiori sono finiti in cantina, le case occupate diventate condomini /…/ una cosa ha superato la prova del tempo ed è rimasta intatta: il fatto di non essere mai stata sfiorata dal pensiero di appartenere a un sesso debole.
Forte di una certezza che non ho mai sentito il bisogno di rinegoziare, ho vissuto, e viaggiato, senza mai pensare che ci fossero delle cose che in quanto donna non potevo fare, o non avrei dovuto fare. E non ho mai sentito neanche il bisogno di dimostrarlo: è stato semplicemente, naturalmente così."
Maria Perosino, Io viaggio da sola, Einaudi, Torino 2012, p.141.
Maria Perosino, Io viaggio da sola, Einaudi, Torino 2012, p.141.
9 luglio 2012
La misura
"Ho visto, una domenica mattina di qualche tempo fa, uno spettacolo circense per bambini. Gli animali non venivano costretti a esibirsi, ma semplicemente apparivano, come in una visione esotica, dietro una nuvola di azoto liquido. A un certo punto, un'equilibrista ha fatto il numero del volo dell'angelo. Vestita di tulle trasparente, bellissima con le sue ali fittizie, è, piano piano, salita al cielo, vorticando in cerchi sempre più stretti. Mi sono accorto, tuttavia, che solo gli adulti seguivano con lo sguardo (illuso) l'equilibrista. La maggior parte dei bambini aveva capito che lei non si sollevava per magia ma perché un inserviente, da dietro le quinte, si dava da fare con manovella, corda e puleggia. Ora, guardare non l'illusione del volo, ma il trucco dello stesso, contribuisce a formare bambini più svegli, attivi e intelligenti, o al contrario, bambini che penseranno che la vita è solo un sistema di corde tese e pulegge e inservienti che dietro le quinte manovrano tutto? E se svilupperanno questa convinzione, che qualcun altro muove sempre i fili, quale sarà il loro rapporto con la rappresentazione della realtà?"
Antonio Pascale, Questo è il paese che non amo. Trent'anni nell'Italia senza stile, Minimum fax, Roma 2010, p. 133.
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