7 gennaio 2010

La barchetta sballottata dalla tramontana


Cosa abbiamo adesso? Una nave? dissi io. Esatto, Amadeo, una nave. E il titolo, Sion, in realtà nasconde la parola navegación. E questo è tutto, Amadeo, semplicissimo, non ci sono altri misteri, dissero i ragazzi e io avrei voluto dire che mi toglievano un peso dal cuore, questo avrei voluto dire, o che Sion poteva nascondere sino, un'affermazione in gergo lanciata dal passato, ma l'unica cosa che feci fu dire ah, che roba, e cercare la bottiglia di tequila e versarmene un bicchiere, ancora uno. Questo era tutto quanto restava di Cesárea, pensai a una nave sul mare calmo, a una nave sul mare mosso e a una nave sul mare in burrasca. Per un attimo la mia testa, ve lo assicuro, fu come un mare infuriato e non sentii quel che dicevano i due ragazzi, anche se captai qualche frase, qualche parola slegata, le parole più prevedibili, suppongo: la barca di Quetzalcoatl, la febbre notturna di un bambino o di una bambina, l'encefalogramma del capitano Achab o l'encefalogramma della balena, la superficie del mare che per gli squali è la bocca del vasto inferno, la nave senza vela che potrebbe anche essere una bara, il paradosso del rettangolo, il rettangolo-coscienza, il rettangolo impossibile di Einstein (in un universo dove i rettangoli sono impensabili), una pagina di Alfonso Reyes, la desolazione della poesia. E allora, dopo avere bevuto la mia tequila, mi riempii un'altra volta il bicchiere e riempii i loro e dissi brindiamo a Cesárea e vidi i loro occhi, com'erano contenti benedetti ragazzi, e tutti e tre brindammo mentre la nostra barchetta era sballottata dalla tramontana.
Roberto Bolaño, I detective selvaggi, traduzione di Maria Nicola, Sellerio, Palermo, 2003, p. 551-555.


1 commento:

danmatt65 ha detto...

Come mai oggi "ripeschi" queste parole?
Insomma, mi istighi a leggere Bolano.
Daniele