Nelle terre del mito – conosciute più per le narrazioni che si
sviluppano nel tempo che per la realtà quotidiana dei suoi abitanti – un
fatto tragico può incidere in modo molto doloroso su intere comunità
reali, anche quando mai si sono rassegnate al mito della cattiva stella,
al complesso dei malfatati o ad altri poco dissimili luoghi comuni, e
anzi sono da tempo immemore interamente e convintamente impegnate nella
costruzione di un abitare civile e segnato dal benessere, in ogni senso.
Con lo sgomento per la morte violenta di una persona appartenente a una determinata comunità impegnata, la delusione (anche) che si vive in quei momenti, appresa la notizia, è feroce: il paesaggio comunitario reale, insieme ai progetti a cui si sta lavorando nel presente, sembra affondare. A governare la realtà sembra ritornare una forza sovrastante, che per un tempo non misurabile fa chinare la testa, interrompere la festa, vivere un'amarezza sorda e opaca. Vorrei dire “capisco”, mentre invece nemmeno io, come credo la gran parte di noi, l'ho mai potuta capire ed elaborare sino in fondo quella sensazione che sembra riportare per un attimo alla notte dei tempi, ma ciò perché diventa davvero difficile capire qualcosa che non si accetta dal profondo del cuore e della mente. Purtroppo la violenza (che puntualmente ritorna nelle nostre comunità e che troppo spesso resta impunita) ferisce tutti, anche quando è distante anni luce da noi, dai nostri amici, dai nostri cari, per fortuna. Perciò mi ritrovo a rifletterne, anche se non vorrei, anche senza dire nulla che già non sia stato detto. Non la capisco, la violenza, mi è intollerabile il pensiero che una parete di ghiaccio possa interrompere la strada a una vita umana, e profondamente la rifiuto, ma so anche una cosa, ed è la sola che conti davvero: anche se toglie tanta energia agli abitanti delle comunità che ne vengono colpite, la violenza non ha mai vinto, non vincerà; anche se fa chinare la testa, interrompere la festa, piangere e guardarsi smarriti... Abbraccio con grande affetto le amiche e gli amici fonnesi, la loro operosissima comunità, tutte le persone in gamba che ho la fortuna di conoscere e che mai si arrenderanno ai miti della cattiva stella.
Con lo sgomento per la morte violenta di una persona appartenente a una determinata comunità impegnata, la delusione (anche) che si vive in quei momenti, appresa la notizia, è feroce: il paesaggio comunitario reale, insieme ai progetti a cui si sta lavorando nel presente, sembra affondare. A governare la realtà sembra ritornare una forza sovrastante, che per un tempo non misurabile fa chinare la testa, interrompere la festa, vivere un'amarezza sorda e opaca. Vorrei dire “capisco”, mentre invece nemmeno io, come credo la gran parte di noi, l'ho mai potuta capire ed elaborare sino in fondo quella sensazione che sembra riportare per un attimo alla notte dei tempi, ma ciò perché diventa davvero difficile capire qualcosa che non si accetta dal profondo del cuore e della mente. Purtroppo la violenza (che puntualmente ritorna nelle nostre comunità e che troppo spesso resta impunita) ferisce tutti, anche quando è distante anni luce da noi, dai nostri amici, dai nostri cari, per fortuna. Perciò mi ritrovo a rifletterne, anche se non vorrei, anche senza dire nulla che già non sia stato detto. Non la capisco, la violenza, mi è intollerabile il pensiero che una parete di ghiaccio possa interrompere la strada a una vita umana, e profondamente la rifiuto, ma so anche una cosa, ed è la sola che conti davvero: anche se toglie tanta energia agli abitanti delle comunità che ne vengono colpite, la violenza non ha mai vinto, non vincerà; anche se fa chinare la testa, interrompere la festa, piangere e guardarsi smarriti... Abbraccio con grande affetto le amiche e gli amici fonnesi, la loro operosissima comunità, tutte le persone in gamba che ho la fortuna di conoscere e che mai si arrenderanno ai miti della cattiva stella.