Nonostante sia stata collocata a due passi da casa, soltanto stasera mi è venuta voglia di avvicinarmi alla scultura realizzata da Pietro Costa con cui la città ha voluto rendere omaggio a Grazia Deledda nell'ottantesimo anniversario dalla morte e il novantesimo dal conferimento del Nobel.
Ho ossevato l'opera a lungo e con calma, aspettando la pioggia, arrivata solo in rade gocce subito evaporate dal bronzo ancora caldo di sole, esprimendo ad alta voce le suggestioni alla mia amica M., ascoltando le sue, concordando sull'espressione dello sguardo, dei lineamenti così “lontani”, come trascesi, su quella mano sinistra che indica nient'altro che se stessa, sulla rappresentazione del corpo-angelo, corpo-nave, teso nell'impeto della giovinetta nuorese, che, in perfetta e precoce solitudine, sapeva, pur senza conoscerla, tutta la straordinarietà del suo destino.
Grazie, Pietro.
Ho ossevato l'opera a lungo e con calma, aspettando la pioggia, arrivata solo in rade gocce subito evaporate dal bronzo ancora caldo di sole, esprimendo ad alta voce le suggestioni alla mia amica M., ascoltando le sue, concordando sull'espressione dello sguardo, dei lineamenti così “lontani”, come trascesi, su quella mano sinistra che indica nient'altro che se stessa, sulla rappresentazione del corpo-angelo, corpo-nave, teso nell'impeto della giovinetta nuorese, che, in perfetta e precoce solitudine, sapeva, pur senza conoscerla, tutta la straordinarietà del suo destino.
Grazie, Pietro.