Nell'agosto del 1960, Chet Baker, in fuga dagli  Stati Uniti per problemi di droga, viene fermato nel bagno di un  distributore di benzina sulla provinciale che da Lucca porta  all'autostrada per Viareggio. La occupa da un’ora e mezza quando il  benzinaio decide di chiamare la polizia, che abbatte la porta a  spallate. Trovano una scia di sangue, una siringa, fiale di Palfium e un  americano che dice di essere, da verbale, «Baker Chesney Henry».  Seguono le indagini, il processo, la condanna, l’appello che arriva a  fine '61, quando il grande musicista ha già scontato 16 mesi di carcere. Negli ultimi  mesi gli viene concesso di esercitarsi in cella, per cinque minuti, due  volte al giorno, e il suono della sua tromba si diffonde per la città  come il pianto struggente di un uccello in gabbia.
 Come  finì la storia, lo sappiamo. Per quanto la detenzione italiana  l’avesse di fatto costretto a uscire dalla dipendenza, Baker non tornò  più ai fasti degli Anni 50, quelli che l'hanno consegnato alla storia  del jazz. Suonò ancora molto, e molto in Italia, e morì nel 1988 ad  Amsterdam, cadendo dalla finestra della stanza dell’hotel in cui  alloggiava. Tutti pensarono che avesse voluto suicidarsi, ma non la gente di Lucca, che lo ricorda ancora, con la sua tromba, seduto sul  davanzale della stanza numero 15 dell’Hotel Universo, in piazza del  Giglio.
 
 

 

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