Ritorni, Juan?
Cando iscries de Nascar e de nois / mi piccat sa tristura in undas mannas, / amicu caru, / 'erìdu chene s'ora. / Accurzu a su occu es s'unicu cossòlu, / e paris chin àttere a nde lu tuttàre, / pro poder nessi nàrrer / a chie hat a bier pius carvone chi no àrvures, / chi vimus finzas nois sa die chi l'ana tentu.
Aria irrespirabile, odore di fuoco ovunque tu vada, estate di tensione altissima qui da noi. Il malessere è nei volti e la gente sembra morire a grappoli nelle strade arroventate in fuga verso il mare. Si fugge dalle isole, velate di fumo, circondate dal senso di morte che penetra nelle case e fa ammutolire i bambini. Angoli di desolazione all'uscita dalla città: la pineta di Abbasya polverosa e calva, Untàna Torta un deserto di carbone che emana vapori acidi, violentate persino le grandi ginestre e gli oleandri piantati nello spartitraffico all'altezza della Fina, e il filare di salici al bivio di Sos Eremos. Gli angoli che mi piaceva guardare la mattina andando a lavoro, e che scandivano il tempo del ritorno a casa... Meglio non guardare ora, via dal fumo e dalla desolazione, meglio attraversare di corsa le strade sotto il surreale rosso del cielo, immergersi nel lavoro con una pietra al collo e la rabbia che sale, altro che spot barillasannasoft!: "Sos luminos in c…!", urla al criminale che fugge dopo avergli appiccato il fuoco, il vecchio ginepro di Lorenzo - che così è davvero difficile trattenere l'impegno, la prepotenza della speranza… Eppure, esserci e fare, è ancora l'unica via, l'unica alternativa al dolore. Quel no, il giusto no, non è solo per la vita, è per tutta la vita.
A torras?
Quando scrivi di Nascar e di noi, / mi prende la tristezza nelle sue grandi onde, / amico caro, / ferito prima del tempo / …
(Bastiana Madau, Nascar, Poliedro, Nuoro 2004, pp. 25-27)