24 marzo 2017

Raccontare le storie

Sono d’accordo sul fatto che dobbiamo abbeverarci a un immaginario americano, o francese, o di altre parti del mondo, ma questo non deve portarci a dimenticare noi stessi. Anche noi possiamo raccontare le nostre storie.
Sergio Atzeni, da un’intervista rilasciata a Gigliola Sulis nel 1994. 
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Unitamente agli evergreen di Deledda, i romanzi di Ledda e Satta ancora oggi veicolano in tutto il mondo l’immagine letteraria dell’isola. Oltre al perdurante fascino evocativo del film dei Taviani per Ledda, si veda per Satta la famosa recensione a Il giorno del giudizio di George Steiner (1987). Il giudizio secondo cui con questi romanzi «una Sardegna gravata dall’ambiguo fascino dell’astoricità viene riproposta dai mass media al pubblico italiano», come «tributo che il libro di autore sardo deve pagare alle regole di circolazione dell’industria culturale» (Contini 1982, p. 52) ha forse un’eco nelle strategie editoriali degli anni duemila, per esempio nelle preferenze per la Sardegna barbaricina arcaicazzante di Salvatore Niffoi – strategie significative anche ove prescindano dalle intenzioni d’autore. 
Gigliola Sulis, «Anche noi possiamo raccontare le nostre storie». Narrativa in Sardegna, 1984-2015 in La Sardegna contemporanea. Idee, luoghi, processi culturali, a cura di Luciano Marrocu, Francesco Bachis, Valeria Deplano, Donzelli, Roma 2015, p. 537.
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Io dico che fintanto staremo a contemplare il nostro raccontare e non, più semplicemente, agiremo il racconto sentendoci liberi – che significa prima di ogni altra cosa rispetto delle individualità di ciascuno/a e di tutti – non ne usciamo. È, appunto, una questione di libertà, e più concretamente del sentirsi liberi e sicuri nel e del proprio immaginario, nei propri gusti e interessi, nelle scelte degli oggetti e soggetti e spazi e idee del racconto, nella propria lingua. Sicuri e sicure della propria identità complessa, in qualsiasi modo la si voglia interpretare, prima ancora che raccontando, vivendo.

20 marzo 2017

A Orani con "Simone, le Castor"

Accompagnata dallo scrittore e giornalista Giacomo Mameli, sabato scorso, 18 marzo, ho presentato a Orani il mio libro Simone le Castor. La costruzione di una morale (Cuec, 1a ed. 2016, 2a ed. 2017) e posso dire di essere davvero contenta, sia per la quantità sia per la qualità della partecipazione. Meglio di me lo dice il breve saluto che ho trovato stamattina al risveglio:
“Grazie mille, Bastiana, per queste due ore estremamente interessanti e ricche di riflessioni. Non ho potuto non notare una coltre di empatia, palpabile, tra te e noi, tra te e la platea. Un ritorno a casa veramente ricco di emozioni. Il libro mi è piaciuto tantissimo, e ha segnato per me un ritorno al mio vecchio amore del liceo, la filosofia, amata e abbandonata per gli studi tecnici. L'idea, in estrema sintesi, che mi sono fatta della costruzione della morale in Simone è che questo processo viaggi parallelamente al processo di ricerca della felicità ma anche della verità e della giustizia, pilastri fondanti della sua morale. Spero tanto di avere altre occasioni di confronto. Un grande abbraccio e un augurio per i prossimi progetti.”
È Laura Pintus che scrive, architetto, madre di una bambina, alla guida dell'assessorato all'urbanistica del Comune di Orani. Sono parole che restituiscono senso pieno al mio lavoro e, in questo caso, soprattutto al loro, come amministratori, che nelle cose che propongono alla comunità ci mettono davvero la testa e il cuore. Mi sarebbe dispiaciuto, infatti, essere lì soltanto perché vi sono nata e cresciuta, d'ufficio, come si suol dire, e non invece, com'è stato davvero, per presentare un libro i cui contenuti l'amministrazione – e in particolare l'assessorato alla cultura – ha ritenuto anche di interesse per la comunità. Anch'io ho percepito un ascolto bello, alto, da parte di tutte le persone presenti, e mi sento colma di gratitudine.
Grazie all'assessore alla cultura Valerio Porcu, che ha saputo cogliere e restituire aspetti importanti del libro durante il suo saluto, che non è stato formale, ma davvero di grande spessore umano e culturale. Grazie al Sindaco Antonio Fadda, al suo stile, alla sua intelligentissima risposta alla mia domanda su Marianna Bussalai (ne parleremo ancora). Grazie a Valentina Loche, attrice di teatro, per le letture ad alta voce, grazie a Giuseppe Balvis, Elisa Masala, Anna Lisa Loche per la collaboraborazione tecnica. Grazie alle mie sorelle per il drink. 
[Nelle foto che mi hanno mandato stamattina: insieme a me, Giacomo Mameli, che ha coordinato la presentazione del libro; il Sindaco di Orani, Antonio Fadda, intervenuto durante la discussione; uno scorcio della platea. La locandina della rassegna dove è stata inserita la presentazione del mio libro; la copertina di quest'ultimo.]

4 marzo 2017

Non ti temo, mascherina

 
Ciao ciao, ci vediamo l'anno prossimo :-)
Orani, Su Patio, Bundheddu iscarazzau, Sa pentolaccia 2017
A medas annos!

3 marzo 2017

Naro sa rima

Aperjo sa vuca e naro sa rima
Ridet mudore chi vit dae prima
Totu sas cosas sunu inoe
Pro isetare sa ine 'e sa die
Eo las saludo, a una a una
Iscio paragulas pro sole e pro luna
Iscio sas rimas chi tenen impàre
Viore chin rivu, sole chin seme
Rivu de izos, ifustos de amore
Chi solu su numen es von'a nuscare
Chin bette voche 'e putzones cuntentos
Ballana in tundhu a sas radichinas

In tundhu ballan' peri sas cosas
Sa cathonedda chin su mundhu in intragnas
Sole tramonta, però torra cras
Tue rima, abarra.


Sono io che traduco Rima rimani di Bruno Tognolini, dall'omonima raccolta pubblicata da Salani/Rai-Eri nel 2002. L'originale è questo:

Apro la bocca e dico la rima
Ride il silenzio che c'era prima
Tutte le cose mi siedono intorno
Per aspettare la fine del giorno
Io le saluto, una per una
So le parole per sole e per luna
So quelle rime che tengono insieme
Fiore con fiume, sole con seme
Fiume di figli, inzuppati d'amore
Che solo il nome fa già buon odore
Che con il grido d'uccelli felici
Danzano intorno a queste radici
Anche le cose ora danzano in tondo
La filastrocca che ha dentro il mondo
Sole tramonta, torna domani
Rima, rimani
 

 Illustrazioni dal libro di Claire A. Nivola Orani: My Father's VillageFarrar, Straus and Giroux, New York 2011.

1 marzo 2017

L'errore comune

Ma l'errore comune era sempre credere che tutto si potesse trasformare in poesia e parole. Ne conseguì un disgusto di poesia e parole, così forte che incluse anche la vera poesia e le vere parole, per cui alla fine ognuno tacque, impietrito di noia e di nausea. Era necessario tornare a scegliere le parole, a scrutarle per sentire se erano false o vere, se avevano o no vere radici in noi, o se avevano soltanto le effimere radici della comune illusione. Era dunque necessario, se uno scriveva, tornare ad assumere il proprio mestiere che aveva, nella generale ubriachezza, dimenticato. E il tempo che seguì fu come il tempo che segue l'ubriachezza, e che è di nausea, di languore e di tedio; e tutti si sentirono, in un modo o nell'altro, ingannati e traditi: sia quelli che abitavano la realtà, sia quelli che possedevano, o credevano di possedere, i mezzi per raccontarla. Così ciascuno riprese, solo e malcontento, la sua strada.
Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, introduzione di Cesare Garboli, Einaudi, Torino, 1963, p. 167.
Fotogramma da Lo spirito dell'alveare (1973) di Víctor Erice