30 novembre 2012

Lexicon 80

Erano i tempi dell’università, avevo 21 anni e durante l'inverno avevo come sempre cercato e trovato un lavoro che mi potesse consentire di viaggiare l'estate senza dover ancora pesare sui miei. Così in quella stagione, per tre pomeriggi alla settimana, mi recavo da Piazza Sempione al quartiere Prati, a casa di un anziano oculista di origini polacche – ebreo di Varsavia, di idee comuniste – per ascoltare e trascrivere, con la vecchia ma perfettamente funzionante Olivetti che mi aveva messo a disposizione, il lungo racconto della sua infanzia, del matrimonio fallito, dell'incasinatissima famiglia d'origine e del suo sterminio… Non so che fine abbia fatto il dottor D., che a giugno dello stesso anno partì in Svizzera dov’era solito passare l'estate. Io non volli seguirlo, soprattutto perché avevo capito che più del suo racconto era il bisogno di essere ascoltato che non avrebbe avuto mai fine. 
Lo ricordo con affetto e anche con gratitudine, per avermi aperto al suo presente fatto di piccole cose. Abbiamo fatto più volte “colazione” insieme (lui chiamava così, con vezzo antico, quel che per me era un normale pranzo). Certe sere mi chiedeva timidamente di fermarmi a cena, e una volta accettai. Fu grazie a lui che scoprii la bontà del pane azimo, dello yogurt greco, di certi biscotti che gli preparavano le amiche, suore del Vaticano. Era il medico degli occhi del Papa di allora.


20 novembre 2012

Dopo

Dopo che l’esperienza mi ebbe insegnato che tutto ciò che spesso ci si presenta nella vita comune è vano e futile – e vedendo come tutto ciò che temevo direttamente o indirettamente non aveva in sé niente di buono né di cattivo, se non in quanto l’animo ne veniva commosso, decisi infine di ricercare se ci fosse qualcosa di veramente buono e capace di comunicarsi e da cui solo, respinti tutti gli altri falsi beni, l’animo potesse venire affetto; meglio ancora, se ci fosse qualcosa tale che, trovatolo e acquisitolo, potessi godere in eterno di continua e grandissima felicità.
Baruch Spinoza, Trattato sull’emendazione dell’intelletto (1677, postumo), a cura di Enrico de Angelis, SE, Milano 1990.

13 novembre 2012

La salsina indigesta

Ho dormito poco e male, come Come Bersi nella striscia di Makkox, rimproverandomi di qualcosa che non so a capire. E dire che sembrava un'ottima cena in quel ristorantino, buona anche per gli occhi… Eppure il retrogusto dell'olio usato per i condimenti mi è apparso strano da subito: perché ho continuato a mangiare? E sì che mi ero detta "niente salsine", ma, fa il cameriere, "è una cernia freschissima e tuttavia alla griglia resta piuttosto legnosa". Ecco il dio errore: avrei dovuto chiedere un altro pesce, non cambiare idea sulla modalità di cottura.