30 luglio 2010

Nostos per sola andata

TORRAIMIDDA
Torraimidda
s’arèi de is cuaddu’ de Gèsturi
de is cuaddu’ de Nurri.
S’axriolla, torraimì,
sa pampa ’e su solli in s’axriolla
e i s’arèi in mesu sa pampa
treullendi mannugu a mannugu
su trigu bellu ’e Stuppara.

Torraimiddu
su cuaddeddu miu nieddu
su cuaddeddu miu ’e dus annus,
su cuaddeddu miu ’e su coru.
Torraimiddu
po curri ananti ’e s’arèi
candu, studàda sa pampa,
sa mizza ’e s’aqua frisca
abètta’ s’arei sidìa.

Pinna bianca ’i arrùndilli,
folla ’i arrosa,
suspiru,
in pizzus tus seu ’eu,
o cuaddeddu nieddu.
Su ’entu, seu,
su ’entu seu ’e su monti
su ’entu seu, a cuaddu
de custu frori nieddu.

Poita no mi dda torrais
s’arèi sidìa
a ingìriu ’e sa funtana?
S’arèi
asselliada in sa tanca
candu ’èssi’ sa luna?

Poita no dd’eis frimada
sa nui niedda
chi nd’adi studau sa pampa?
Sa strasura
chi nd’a’ pigau s’arèi?

O Deu miu, torraimidda
s’arèi de is cuaddu’ de Gèsturi,
de is cuaddu’ de Nurri.


RENDETEMI
Rendetemi
il branco dei cavalli di Gèsturi,
dei cavalli di Nurri.
L’aia, rendetemi,
la vampa del sole nell’aia
e il branco in mezzo alla vampa
che trebbia mannello a mannello
le spighe belle di Stuppara.

Rendetemi
il mio cavallino morello,
il cavallino mio di due anni,
il mio cavallino del cuore.
Rendetemelo
per correre davanti al branco
quando, già spenta la vampa, la fresca sorgente
attende il branco assetato.

Piuma di rondine, bianca,
foglia di rosa,
sospiro,
sulla tua groppa io sono,
o cavallino morello.
Il vento, sono,
il vento sono del monte,
il vento sono a cavallo
di questo mio fiore nero.

Perché non me lo rendete
il branco assetato
intorno alla sorgente?
Il branco
placido nella tanca
quando sorge la luna?

Perché non avete fermato
la nuvola nera
che ha spento la vampa?
La tempesta
che il branco ha disperso?

O mio Dio, rendetemelo
il branco dei cavalli di Gèsturi,
dei cavalli di Nurri.

Benvenuto Lobina
(Villanovatulo [Nuoro] 1917 - Sassari, 1993).

26 luglio 2010

Terres de l’intérieur


La Sardegna è storicamente un luogo di molteplici suggestioni per chi la osserva dall’esterno, e le sue terres de l’intérieur (come da una felice definizione dello scrittore Edouard Vincent) sono un luogo classico dell’osservazione antropologica: per le loro caratteristiche geografiche esse sono state per secoli precluse al confronto con altre culture. L’inaccessibilità ha senz’altro consentito una maggiore conservazione di modalità originali di vita e dunque delle cosiddette “tradizioni culturali”.
Gli studi e le ricerche di Clara Gallini hanno il loro considerevole peso nella bibliografia riguardante l’etno-antropologia della Sardegna e, insieme a Intervista a Maria, offrono un interessante spaccato scientifico e umano utile anche per chi voglia approfondire la conoscenza della cultura dell’isola; in particolare, ci riferiamo a lavori quali I rituali dell’“argia” (1967), Il consumo del sacro. Feste lunghe di Sardegna (1971), Dono e malocchio (1973), Tradizioni sarde e miti d’oggi (1977), Il diario di un parroco di villaggio. Lotte di potere e tecniche di consenso in una comunità sarda (1978).
Nel libro che qui si propone, l’antropologa – che da sempre assume la lezione di Ernesto De Martino – mostra attraverso Maria, l’intervistata, come gli esseri umani occupino uno spazio che è anche un luogo mentale, nel quale i fenomeni culturali, i messaggi politici, gli atteggiamenti e le forme dell’identità tendono ad accreditarsi non come dati naturalistici e statici, ma come prodotti storici, mutanti nel tempo, comunicanti significati diversi, anche dipendentemente dalla personalità di ciascuno.
Siamo negli anni Settanta, all’indomani del secondo referendum nazionale, che il 12 maggio 1974 porta alle urne 37 milioni d’italiani (il primo, lo ricordiamo, fu quello che aveva decretato la scelta tra monarchia e repubblica): il 59,1% vota in favore della legge sul divorzio, approvata tre anni prima dal parlamento italiano (la stessa Gallini se ne occuperà nel ’75, insieme a L. Pinna, nel saggio intitolato Il referendum sul divorzio in Sardegna). Maria, classe 1910, donna sarda, cittadina italiana, abitante di Tonara, in provincia di Nuoro, faceva parte di quel 40,9% che votò contro, e argomentando in modo lucido e appassionato, sostiene di “condannare” chi ha accettato il divorzio. Tonara è un paese del centro della Sardegna dove – come in tutti gli altri borghi – si affronta il cambiamento nell’arco di un pugno d’anni, dentro un processo di modernizzazione per certi versi anche “violento” nella sua pressante richiesta di elaborazione veloce dei significati. Dal dopoguerra, ma soprattutto dal cosiddetto avvento dei media, enormi e complesse sono le sollecitazioni esterne al mondo “originario” in cui la comunità muove ancora il suo vivere.
Quello dell’appartenenza è un concetto che può dare adito ad ambiguità, ma l’analisi di Clara Gallini non si lascia intrappolare: è anzi limpida, perché pone in luce anche questioni legate ai percorsi della soggettività femminile, elemento universale; così, in questo lavoro, l’antropologa mette in luce gli aspetti di conservazione e cambiamento, di confronto con la modernità e le novità tecnologiche, e contemporaneamente pone l’accento sulla personalità dell’intervistata, sull’unicità e irripetibilità della sua vita. A partire da una condizione “oggettiva” immersa nei valori e nelle convenzioni comunitarie, è l’intelligenza, che consente a Maria una riflessione critica sul mondo e sulla vita, e Clara Gallini, nella nota finale al libro intitolata “Dopo l’intervista”, sottolinea le risorse interiori creative che hanno portato la donna di Tonara a interpretare la realtà e a elaborare un suo modello di emancipazione.
L’intervista – strumento di indagine disciplinare adottato dalla ricercatrice – si avvia sempre più verso una modalità dialogica – e via via emerge anche una comunicazione emotiva, affettiva. Maria si affida alla studiosa, perché la sente come una sua simile, lei che – rispondente alle regole della comunità in cui vive – dichiara (quasi stupita dalla domanda) di non avere (No, no…) amici maschi. Maria, nel raccontare il proprio mondo a Clara, nell’accettare un confronto consapevolmente destinato a diventare pubblica testimonianza, rivela di mettere la propria paura a fianco della sua intelligenza.
Il libro è interessante perché si può leggere anche come la storia dell’incontro tra due donne che, pur appartenenti a due distinti universi – ma entrambi parte di una stessa società mutante – si ascoltano, scoprono elementi di vicinanza, comprensione, solidarietà, simpatia. Da un lato le parole dell’intervistata, che restituiscono nella diversità l’intelligenza, la fantasia, l’intensità, ma anche il rigore del vivere femminile in quelle che, ancora oggi, con arcaico concetto di centro, a torto sono considerate periferie del mondo. Dall’altro le parole di Clara Gallini che sembrano volerci indicare l’inalienabile dimensione dell’autenticità femminile anche nella ricerca antropologica.
Bastiana Madau, dalla nota introduttiva a Clara Gallini, Intervista a Maria, Ilisso, Nuoro, 2003, pp. 5-7.

21 luglio 2010

Siamo abitati da libri e da amici

E ai festival letterari vacci tu
(cit., omaggio e vedi tu)


Vladimir Majakovskij tornerà di moda nell'anno 2150. James Joyce si reincarnerà in un bambino cinese nell'anno 2124. Thomas Mann si trasformerà in un farmacista ecuadoriano nell'anno 2101.
Marcel Proust entrerà in un profondo e disperato oblio a partire dall'anno 2033: Ezra Pound sparirà da alcune biblioteche nell'anno 2089. Vachel Lindsay sarà un poeta di massa nell'anno 2101.
César Vallejo sarà letto nelle gallerie nell'anno 2045. Jorge Luis Borges sarà letto nei tunnel nel 2045. Vincente Huidoro sarà un poeta di massa nell'anno 2045.
Virginia Woolf si reincarnerà in una narratrice argentina nell'anno 2976. Louis Ferdinand Céline entrerà in purgatorio nell'anno 2094. Paul Elouard sarà un poeta di massa nell'anno 2101.
Metempsicosi. La poesia non sparirà. Il suo non potere sarà visibile in un alto modo.
Cesare Pavese diventerà il santo patrono dello sguardo nell'anno 2034, Pier Paolo Pasolini diventerà il santo patrono della fuga nell'anno 2100. Giorgio Bassani uscirà dalla sua tomba nell'anno 2167.
Oliviero Girondo troverà posto come scrittore per i giovani nell'anno 2099. Roberto Artl vedrà tutta la sua opera portata sullo schermo nell'anno 2102. Adolfo Bioy Casares vedrà tutta la sua opera portata sullo schermo nell'anno 2105.
Arno Schmidt risorgerà dalle sue ceneri nell'anno 2085. Franz Kafka tornerà a essere letto in tutti i tunnel dell'America Latina nell'anno 2101. Witold Gombrowicz godrà di enorme risonanza al di là dei confini del Rio de la Plata intorno all'anno 2098.
Paul Celan risorgerà dalle sue ceneri nell'anno 2113. André Breton risorgerà dagli specchi nell'anno 2071. Max Jakob smetterà di essere letto, vale a dire che morirà il suo ultimo lettore, nell'anno 2059.
Nell'anno 2059 chi mai leggerà Jea-Pierre Duprey? Chi leggerà Gary Snyder? Chi leggerà Ilarie Voronca? Queste sono cose che io mi domando.
Chi leggerà Gilberte Dallas? Chi leggerà Rodolfo Wilcock? Chi leggerà Alexandre Unik?
Nicanor Parra, senza alcun dubbio, avrà una statua in piazza del Cile nel 2059. Octavio Paz avrà una statua in Messico nell'anno 2020. Ernesto Cardenal avrà una statua, non troppo grande, in Nicaragua nell'anno 2018.
Ma tutte le statue volano, per intervento divino o più di consueto per intervento della dinamite, com'è volata la statua di Heine. Dunque, non riponiamo troppa fiducia nelle statue.
Carson McCullers, senza alcun dubbio, continuerà a essere letta nell'anno 2100. Alfonsina Storni si reincarnerà in un gatto o in un leone marino, non posso essere più precisa, nell'anno 2050.
Il caso di Anton Cechov sarà un po' differente: si reincarnerà nell'anno 2003, si reincarnerà nell'anno 2010, si reincarnerà nell'anno 2014. Alla fine apparirà di nuovo nell'anno 2081. E poi mai più.
Alice Sheldon sarà una scrittrice di massa nell'anno 2017. Alfonso Reyes sarà assasinato una volta per tutte nell'anno 2058 ma in realtà sarà Alfonso Reyes ad assassinare i suoi assassini. Margherite Duras vivrà nel sistema nervoso di migliaia di donne nell’anno 2035.
E la vocina diceva, che strano, che strano, non ho idea di chi sia.
Io ridevo. Ridevo per un bel po’. Cos’hai da ridere? diceva la vocina. Rido per avere colto in fallo proprio te che sei così colta, rispondevo. Colta, colta, non so cosa voglia dire colta, però ho letto, questo sì. Che strano, dicevo come se all’improvviso il sogno avesse fatto un giro di 180 gradi e adesso mi trovassi in una regione fredda, di Popocatépetl e Ixtaccìhuatl moltiplicati. Che cosa ti sembra tanto strano? diceva la voce. Che il mio angelo dei sogni sia di Buenos Aires mentre io sono uruguagia. 

Roberto Bolaño, Amuleto, traduzione di Pierpaolo Marchetti, Mondadori, Milano 2001*, pp.123-126.
(*Edizione introvabile, ma se vuoi cercarlo, il romanzo è stato ritradotto da Ilide Carmignani ed è uscito per Adelphi proprio in questi giorni.)

20 luglio 2010

Genova per noi


E fu così che i ragazzi-fantasma attraversarono la valle e precipitarono nell'abisso. Un transito breve. E il loro canto-fantasma o l'eco del loro canto-fantasma, che è come dire l'eco del nulla, nelle mie orecchie continuò a marciare al loro stesso passo, che era il passo del coraggio e della generosità. Una canzone appena percettibile, un canto di guerra e d'amore, perché non c'è dubbio che i bambini andassero in guerra ma lo facevano richiamando i comportamenti teatrali e sovrani dell'amore.
Ma che razza di amore potevano aver conosciuto? pensai quando la valle restò deserta e il loro canto era l'unica cosa che ancora risuonava nelle mie orecchie. L'amore per i loro genitori, l'amore per i loro cani e i loro gatti, l'amore per i loro giocattoli, ma soprattutto l'amore che sentivano l'uno per l'altro, il desiderio, il piacere.
E anche se quel canto che avevo ascoltato parlava di guerra, delle imprese eroiche di un'intera generazione di giovani latino-americani immolati, io sapevo che sopra ogni altra cosa, parlava del coraggio e degli specchi, del desiderio e del piacere.
E quel canto è il nostro amuleto.
Roberto Bolaño, Amuleto, traduzione di Pierpaolo Marchetti, Mondadori, Milano 2001*, p. 142.


*Edizione ormai introvabile, ma se vuoi cercarlo, il romanzo è stato ritradotto da Ilide Carmignani per Adelphi, ed è uscito in libreria proprio in questi giorni.

17 luglio 2010

Ciao Franco



Il patio della sua casa ospitale
Erano le nove di sera di un luglio di tanti anni fa. Con T.M. tornavamo a piedi dalla seconda oasi di Bidderosa, cotti di sole e di sale, felici. Attraversando la spiaggia di Berchida ormai deserta sentimmo qualcuno che ci chiamava. Ci voltammo tranquilli verso i radi ginepri e vedemmo Franco che ci invitava ad avvicinarci. Prodigiosamente da un incavo del ramo più grande dell'albero tirò fuori tre calici e una bottiglia di prosecco freschissimo, e da allora fummo sempre amici. 
Ecco, a me viene da ricordarlo come in quel brindisi sereno al tramonto: scalzo, bello, gentile e calmo come un principe. 
Grazie Franco, hai saputo dare davvero tanto. Non ti dimenticheremo.

14 luglio 2010

Simon Mago e Altamante



Kon ovla so mutavia
kon ovla?
Ovla kon ascovi.
Me gava palan ladi,
me gava
palan bura ot croiuti.

Chi sarà a raccontare
chi sarà?
Sarà chi rimane.
Io seguirò questo migrare,
seguirò
questa corrente di ali.

Condivido le parole con cui Altamante evoca oggi Saramago nella sua pagina facebook, e voglio conservarle in parte qui, prima che scompaiano.
"Personalmente, se ripenso a Saramago e ai suoi romanzi, vengo sorpreso da un'immagine di uomini in cammino. Tantissimi, insieme, chi a piedi, chi su un carro. Non si conoscono, prima di incamminarsi, si conosceranno camminando insieme. Le moltitudini in viaggio sono presenti in tutti o quasi i suoi romanzi storici. ... Nell'immagine mi si confondono gli operai che andranno a costruire il convento di Mafra, i pellegrini di Fatima tra i quali Ricardo Reis, Giuseppe e Maria incinta che vanno a Betlemme per il censimento. … Viaggi a volte simili a deportazioni (e il pensiero va a I quaranta giorni del Mussa Dagh), ma sempre illuminati da un affiorare involontario e incontrollato di umanità.
Il viaggio è distanza (sia detto con perspicacia). Quando Hans Castorp sale sulla montagna magica dove il cugino Joachim è ricoverato, si stupisce di come lo spazio generi effetti di oblio che siamo soliti attribuire al tempo, e al tempo solo. I personaggi, anzi gli uomini, di Saramago, rappresentano quegli effetti modificandosi insieme alla storia, anche quando, come nel caso di Ricardo Reis, vogliono difendere il loro spazio, immergendosi in una trincea psicologica. Gli uomini di Saramago sono mobili e continuamente riplasmati dalla storia e dalla loro interazione con la storia. I loro viaggi sono la nostalgia che gli uomini della fine del ventesimo secolo provano, obbligatoriamente, per il viaggio. Infatti, degli uomini di Saramago nessuno viaggia per viaggiare, tutti viaggiano per necessità. Ma nei loro cammini avvertiamo ancora, forse per l'ultima volta, come le cause e gli effetti possano confondersi, e come la necessità che spinge a viaggiare possa essere solo, forse, e ancora, quella del viaggio."


13 luglio 2010

Racconti del mistero


Storie, racconti. Emozioni narrate ad alta voce, trasmesse da persona a persona, dagli adulti ai bambini, come nelle lontanissime infanzie. Condividere e non fuggire di fronte alla vastità del nostro sentire…


Spinta da questi pensieri, Franzisca chiamò a raccolta gli abitanti di Nascar, all'ora di
Créme Caramel, per ascoltare alcune letture ad alta voce dei Racconti del mistero di Edgar Allan Poe, per primi, perché ricordavano i bellissimi contos de mortu, quelli che da piccoli sentivano ancora raccontare dalle madri e dalle tutte le donne di buona volontà, durante le interminabili notti d'estate, stretti in un cerchio magico. Quando avere paura insieme era bellissimo.
Belle le parole, solo le parole. Ma era già tanto nell'inverno di Nascar.
Bastiana Madau, Nascar, Poliedro, Nuoro 2003.

Antine Nivola espone le sue sculture nei vicoli di Orani.
Foto di Carlo Bavagnoli (1958).

12 luglio 2010

Ammentos de pitzinnìa a mesanotte

Il mio Edgar Allan Poe di quand'ero piccola si chiamava Nannina: era una giovane donna di Fonni, che nel 1968 passò l'estate a O. per accudire una anziana parente, nostra vicina di casa. La ricordo bene in quelle lunghe notti di luglio, seduta nel grande cortile fra le ortensie, mentre inchiodava noi bambine e bambini, seduti per terra intorno al suo mesicheddu (sgabello di sughero), con magnifici contos de mortu...

Illustrazione di Lorenzo Mattotti

Un'isola senza mare

Peccato sia ormai introvabile: era ed è un libro bellissimo, L'Isola senza mare di Franco Nasi, pubblicato per i tipi di Iniziative culturali di Rina Pigliaru, a Sassari, nel 1997, corredato da 24 splendide immagini scattate da Franco Pinna in Sardegna. Nasi e Pinna, operatori di inchiesta, con la penna l'uno,  con la luce, l'altro; e inchiesta con tutti i crismi del genere, in anni in cui ancora si faceva un giornalismo nobile, a servizio dell'analisi della realtà
Presentammo il libro in biblioteca, ossia la raccolta delle indagini di Nasi in Sardegna, nell'auditorium della biblioteca comunale di Orgosolo, con il regista Gianfranco Cabiddu, il giornalista Giacomo Mameli e l'editore Rina Pigliaru; alcuni brani vennero letti da Giacomo Mannironi e Giovanni Fancello del collettivo di poeti "Nues" di Nuoro. 
Franco Nasi, morto a Milano il 20 settembre del 1983, inviato de Il Giorno dopo aver lavorato al Corriere della Sera allora diretto da Mario Missiroli, scrisse, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, una serie di articoli-inchiesta che ancora oggi appaiono di una attualità sorprendente. Erano gli anni della promessa Rinascita, delle grandi opere pubbliche, dell'Aga Khan e di Nino Rovelli e della grande emigrazione. Nasi percorse la Sardegna in lungo e in largo ed ebbe come principale referente, a Sassari, l'intellettuale Antonio Pigliaru; a Cagliari discuteva dei problemi sardi con il giornalista de L'Unione Sarda Angelino De Murtas. Con Alfonso Madeo, Gigi Ghirotti e Arturo Gismondi, Nasi era nella schiera degli inviati bravi e credibili. Bravi perché credibili, non il contrario.
Il libro (costava venticinquemilalire) è preceduto da scritti di Gugliemo Zucconi e Manlio Brigaglia.
Piergiorgio Branzi (1955)

8 luglio 2010

2 luglio 2010

Avvistamenti

Non durerà. Non potremo fare a meno ancora a lungo delle cose essenziali.
Manu Larcenet, Lo scontro quotidiano, vol.2, Coconino, Bologna 2009.
 


1 luglio 2010

Destra e sinistra 1.


La categoria del "diverso" non ha alcuna autonomia analitica rispetto al tema della giustizia per la semplice ragione che non solo le donne sono diverse dagli uomini, ma ogni donna e ogni uomo sono diversi, gli uni dagli altri. La diversità diventa rilevante quando sta alla base di una discriminazione ingiusta. Però, che la discriminazione sia ingiusta, non dipende dal fatto della diversità ma dall'insussistenza di buone ragioni per un trattamento diseguale.
Norberto Bobbio, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli, Roma 1994, p. 64.