20 aprile 2010

La costruzione dell'albero

“Baobab” by Josep Ventura Oller

Se sapessi scrivere, prenderei gli aculei di un porcospino e graffierei tutto il tuo ventre enorme da cima a fondo. Mi arrampicherei su fino ai rami e inciderei dei tagli sotto le tue ascelle per farti il solletico. Lettere grandi e piccole. In un testo pieno di riccioli e volute, su linee a spirale, ti scrivo tutto dentro perché ho così tante cose da raccontare di un viaggio verso un orizzonte nuovo che si trasformò in una spedizione a un albero. Qui ci vorrebbe una pausa ritmica. Oh, quante cose ho imparato dai poeti, sono un’esperta nell’arte di arrangiare l’epico col lirico. Una pausa ritmica e i pensieri ricominciano a girare tutto intorno al tuo tronco per dire la storia di una passione folle che si rivelò la sola cosa cui alla fine potemmo aggrapparci, spogliati di ogni bene materiale, esausti e sfiniti di noi stessi in uno sforzo che ci trascinava, zavorra del passato.

Così ti adorno, riga dopo riga, delle nostre allucinazioni perché tu digerisca, sviluppi e levighi tanta assurdità conservando le informazioni inutili nella spessa corteccia grigia fino al giorno della tua autocombustione. E soddisfatta, depongo lo strumento e mi faccio un po’ indietro per osservare il mio lavoro, con le mani sui fianchi. 

Sei pieno delle mie cicatrici, baobab. Non sapevo di averne così tante.


Wilma Stockenström, Spedizione al baobab, traduzione dall'inglese di Susanna Basso,  Ilisso, Nuoro 2004, p.29


Wilma Stockenström, sudafricana bianca di ceppo afrikaner, nasce nel 1933 a Napier, nella regione del Capo. È autrice di sette raccolte poetiche, una pièce teatrale e cinque romanzi di successo tutti scritti in afrikaans, sua lingua madre. Il Nobel per la letteratura J.M. Coetzee, sudafricano anche lui, lesse il romanzo nel 1986 e ne rimase folgorato, tant'è che lo volle tradurre dall'afrikaans all'inglese. Ed è dall'inglese di Coetzee che invece lo porta sino a noi Susanna Basso, e in questa sua versione Spedizione al baobab ha ottenuto una notevole attenzione e diversi premi, tra i quali, in Italia, il "Grinzane Cavour".

14 aprile 2010

Milonga di Calandria


In riva dell'Uruguay
mi ricordo del bandito
che l'attraversò, afferrato
alla coda del cavallo.

Servando Cardoso il nome,
lo chiamavano Calandria;
non lo sbiadiranno gli anni
che sbiadiscono ogni cosa.

Non era dei fini che 
usan armi da grilletto;
gli piaceva cimentarsi
nella danza del coltello.

Lo sguardo fisso negli occhi,
sapeva parare la 
più abile coltellata.
Beato chi l'ha veduto!

Non così beati quelli
il cui ultimo ricordo
fu il brusco passo in avanti
ed il coltello che affonda.

Sempre la selva e il duello,
petto a petto e faccia a faccia.
Visse uccidendo e fuggendo.
Visse come se sognasse.

Dicono che fu una donna 
a darlo in mano ai nemici;
ma la vita, presto o tardi,
ci tratta allo stesso modo.

Jorge Luis Borges, da Elogio dell'ombra, versione con testo a fronte di Francesco Tentori Montalto, Einaudi, Torino 1977, pp. 87-89.

2 aprile 2010

In una stessa terra

a Mauro Martini
Se ho scritto è per pensiero
perché ero in pensiero per la vita
per gli esseri felici
stretti nell’ombra della sera
per la sera che di colpo crollava sulle nuche.
Scrivevo per la pietà del buio
per ogni creatura che indietreggia
con la schiena premuta a una ringhiera
per l’attesa marina – senza grido – infinita.
Scrivi, dico a me stessa
e scrivo io per avanzare più sola nell’enigma
perché gli occhi mi allarmano
e mio è il silenzio dei passi, mia la luce deserta
da brughiera
sulla terra del viale.
Scrivi perché nulla è difeso e la parola bosco
trema più fragile del bosco, senza rami né uccelli
perché solo il coraggio può scavare
in alto la pazienza
fino a togliere peso
al peso nero del prato.
Antonella Anedda, Notti di pace occidentale, Donzelli, Roma 1999, p.31.