21 agosto 2009

Kon-Tiki




Kon-Tiki è un antico nome Inca del sio del sole. Così  Thor Heyerdahl, scrittore ed esploratore norvegese, chiamò la zattera con cui nel 1947 attraversò l'Oceano Pacifico dal Sud America alle isole della Polinesia allo scopo di dimostrare che la colonizzazione della Polinesia poteva essere avvenuta, in epoca pre-colombiana, da popolazioni del Sud America. A tale fine la spedizione fu preparata, per quanto possibile, con metodi e tecnologie presenti a quel tempo. L'uso di alcuni dispositivi e strumenti moderni – apparecchi radio, orologi, carte, sestanti e coltelli – furono considerati necessari ma non compromettenti la dimostrazione della teoria. Un'impresa comunque rischiosissima, ma certo meno di quella che tanti poveri della terra affrontano quasi quotidianamente per poter raggiungere improbabili e crudeli terre promesse.
Le convenzioni internazionali e la Costituzione obbligano al salvataggio del naufrago anche in acque territoriali straniere (Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, cap 11 e 12; Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare, cap 98, 1 e 18,2) ma ci sono nazioni – come la nostra – che misconoscono tali obblighi e non hanno più alcun rispetto per le antiche leggi del mare.



P.S.:
Il post è dedicato a Titti Tazrar, unica donna viva dei cinque eritrei sopravvissuti all'ultima tragedia di quanti cercano "salvezza" nel nostro paese, e che ha visto soccombere 73 compagni di viaggio. Paure, egoismi e razzismi continuano a erigere i muri dell’odio, dello sfruttamento, dei codici normativi. Ma si sgretoleranno, prima o poi: sono costruiti sulla sabbia dell’idiozia.